VOLTERRA – Arriva la spiegazione sui materiali utilizzati per gli interventi nell’Anfiteatro Romano di Volterra ed è affidata ad Elena Sorge, funzionario della competente Soprintendenza.
Sorge, responsabile “dell’intervento pilota di restauro, che ha portato nel corso di tutto il 2023 alla realizzazione di un primo restauro integrativo di un settore di una delle precinzioni dell’Anfiteatro” precisa che il lavoro “è stato eseguito sotto la direzione scientifica degli architetti Bronzino e Zaccaria e della restauratrice di lapidei dottoressa Pianini, con la consulenza scientifica dell’Università degli studi di Firenze e del CNR ed è stato condotto dalla ditta RAM di Firenze, ditta leader nel settore dei restauri architettonici”.
Elena Sorge si premura di aggiungere che “sono stati eseguiti numerosi tentativi con litotipi diversi (ben otto) sei dei quali erano appunto di panchina e due di tufo”. “Per quanto concerne il panchino – commenta – mi corre l’obbligo di ricordare che non esistono più ahimè cave di questa pietra nel volterrano; ciò nonostante abbiamo reperito vari tipi di pietra panchina addirittura facendo riaprire dalla regione Toscana una delle cave dismesse”.
“Abbiamo così potuto constatare – racconta la responsabile del procedimento – che l’integrazione con panchina non ha dato i risultati sperati”. “In primo luogo infatti l’integrazione risultava assolutamente mimetica cioè non distinguibile, ovvero le parti integrate non risultavano ben distinguibili da quelle originali; in secondo luogo la panchina è una pietra estremamente poco duttile e di difficilissima lavorazione”.
“Abbiamo quindi optato – conclude Sorge – con il consenso anche del direttore generale archeologia belle Arti e paesaggio che è venuto appositamente in visita a Volterra, per un’integrazione a tufo, pietra molto simile per grana e colore ma estremamente duttile e piuttosto ben distinguibile nella sua accezione restauro/originale”.
Una spiegazione più che esauriente, quella del responsabile unico di procedimento, che forse era davvero utile a chi, in città, iniziava a chiedersi come si stesse procedendo, in un contesto estremamente complesso e delicato come quello dell’ “Anfiteatro che non c’era”, come è stato ribattezzato negli anni. Dalla Soprintendenza hanno chiarito quindi che sono state effettuate anche prove col panchino, scartato poi in favore del tufo, ma solo a seguito di una serie di articolate e complesse valutazioni, effettuate dai professionisti responsabili della scelta. La dottoressa Sorge chiude poi la sua precisazione con un registro informale, assicurando i volterrani “che lo scavo ed il restauro dell’Anfiteatro Romano di Volterra sono in buone mani”.