SIENA – «Penso a Café Müller di Pina Bausch; ad una donna nata e cresciuta nella Locanda. Un luogo-mondo che accoglie infiniti mondi. Nel testo goldoniano il tema dell’eredità è il punto cardine di tutto. Mirandolina seduta sul letto di morte del padre riceve in eredità la Locanda, ma anche l’ordine di sposarsi con Fabrizio, il primo servitore della Locanda. In questo credo che ci sia una inconsapevole identificazione del padre con il servo, erede virtuale in quanto maschio. Più che un uomo per la figlia, il padre sceglie un uomo per la Locanda, pronto a tutto pur di proteggere la Locanda». Antonio Latella, regia, spiega ‘La Locandiera’ di Carlo Goldoni al Teatro dei Rinnovati il 24 novembre.

Intanto, questa volta, Mirandolina è interpretata da Sonia Bergamasco, la fidanzata di lunga data di Montalbano nella serie Tv. Entrambe, a distanza di secoli, La Locandiera di Goldoni e quella dei nostri giorn di Latella, affascinanti, emotive, volitive.

«Credo che – continua il regista – Goldoni con questo testo abbia fatto un gesto artistico potente ed estremo, di sconvolgente contemporaneità: innanzitutto siamo davanti al primo testo italiano con protagonista una donna, ma Goldoni va oltre, scardina ogni tipo di meccanismo, eleva una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a donna capace di sconfiggere tutto l’universo maschile, soprattutto una donna che annienta con la sua abilità tutta l’aristocrazia».

Mirandolina continua a gestire la locanda ereditata dal padre, insieme al fedele Fabrizio, cui è legata dalla promessa di matrimonio fatta al padre prima che morisse. Nella sua locanda due clienti, il Conte d’Albafiorita e il Marchese di Forlipopoli, entrambi innamorati di lei, si contendono le sue attenzioni, usando le armi che hanno a disposizione: i soldi uno e il titolo nobiliare l’altro. La donna però riesce con intelligenza e superiorità ad arginare i corteggiamenti, consentendosi di tanto in tanto, quando i limiti della convenienza lo consentono, di ricavarne qualche piccolo dono. Di fronte alla misoginia del Cavaliere di Ripafratta, altro cliente della locanda, che dichiara con forza il suo disprezzo verso le donne, Mirandolina si sente sfidata nel suo potere di seduzione e decide di mettere in atto un piano per farlo capitolare.

Con Sonia Bergamasco, in scena Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni,  Francesco Manetti, Gabriele Pestilli, Marta Pizzigallo, Valentino Villa; drammaturgia Linda Dalisi, musiche e suono Franco Visioli.

«Di fatto – commenta il regista -, Mirandolina riesce in un solo colpo a sbarazzarsi di un cavaliere, di un conte e di un marchese. Preferendo alla fine il suo servitore come marito compie una scelta politica, mette a capo di tutto la servitù, nobilita i commercianti e gli artisti, facendo diventare la Locanda il luogo da dove tutta la storia teatrale del nostro paese si riscriverà, la storia che in qualche modo ci riguarda tutti. Goldoni fa anche un lavoro sulla lingua, accentuando un italiano toscano. Per essere Mirandolina bisogna essere capaci di mettersi al servizio dell’opera, ma anche non fare del proprio essere femminile una figura scontata e civettuola, cosa che spesso abbiamo visto sui nostri palcoscenici. Spesso noi registi abbiamo sminuito il lavoro artistico culturale che il grande Goldoni ha fatto con questa opera, la abbiamo ridimensionata, cadendo nell’ovvio e riportando il femminile a ciò che gli uomini vogliono vedere: il gioco della seduzione. Goldoni, invece, ha fatto con questo suo testamento, una grande operazione civile e culturale. Siamo davanti a un manifesto teatrale che inizia il teatro contemporaneo, mentre per una assurda cecità noi teatranti lo abbiamo banalizzato e reso innocente. La nostra mediocrità non è mai stata all’altezza dell’opera di Goldoni e, molto probabilmente, non lo sarò nemmeno io. Spero, però, di rendere omaggio a un maestro che proprio con Goldoni ha saputo riscrivere parte della storia teatrale italiana: Massimo Castri» Inizio spettacolo ore 21, si replica il 24 e, alle 17, il 25 novembre (www.teatridisiena.it).