SIENA – La Croce dipinta del Carmine di Siena di Ambrogio Lorenzetti, più bella e in salute, torna nella Pinacoteca Nazionale di Siena, dopo il restauro sostenuto da Friends of Florence attraverso il dono di The Giorgi Family Foundation. La presentazione nella sala della Pinacoteca, dove resterà fino all’8 gennaio 2024, conclude un’operazione di lungo respiro iniziata nel 2020, quando la Pinacoteca nazionale di Siena apparteneva alla Direzione regionale musei della Toscana diretta da Stefano Casciu, per concludersi nell’Istituto autonomo guidato da Axel Hémery.

L’importante operazione, diretta e coordinata dalla Direzione regionale musei della Toscana del MiC, è stata sostenuta da una eccezionale collaborazione tra direzioni, che in tre anni ha visto avvicendarsi direttrici, curatrici e specialisti. Il restauro della restauratrice Muriel Vervat, e grazie all’intervento dei donatori, restituisce al pubblico un capolavoro della pittura senese del Trecento, di un artista riconosciuto e ammirato tra i migliori dell’epoca.

”Maestro Simone fu nobilissimo pictore et molto famoso. Tengono i pictori sanesi fosse el migliore, a me parve molto migliore Ambruogio Lorençetti et altrimenti dotto che nessuno degli altri”, recitava Lorenzo Ghiberti nei ‘Commentarii’ (1452/55), spezzando una lancia a favore del nostro artista, il Pittore del Buon Governo nel Palazzo Pubblico di Siena.

Dopo l’esposizione temporanea, la Croce del Carmine,sarà ricollocata nella Sala 7 della Pinacoteca, con altre opere di Ambrogio Lorenzetti. È stato allestito in Pinacoteca un percorso dedicato alle grandi Croci del periodo.

«Il restauro della Croce dipinta di Ambrogio Lorenzetti nella Pinacoteca Nazionale di Siena, della Direzione regionale Musei della Toscana, generosamente finanziato dai Friends of Florence, rappresenta un necessario e delicato recupero di un grande capolavoro del Trecento senese, ed anche un importante atto critico e metodologico –  ha affermato Stefano Casciu -.  L’intervento è successivo al restauro degli anni Cinquanta che, secondo principi metodologici allora innovativi, aveva rimosso le antiche ridipinture, senza reintegrare le numerose lacune, lasciando a vista il legno di supporto o la tela sottostante. Una idea di restauro superata dai processi attuali che restituiscono alla immagine, e quindi alla poesia dell’opera, una lettura meno frammentata. L’intento è quello di ottenere una resa unitaria ed una più ampia leggibilità reintegrando la preparazione e la superficie pittorica, parte dei volumi e dei colori, senza ricostruzioni arbitrarie. Un’attenta pulitura ha restituito lo splendido tessuto operato e dorato del fondo, a motivi concentrici; le venature rosate e naturalistiche del legno della croce. Sono stati recuperati i valori sublimi del corpo e del volto del Cristo, resi da Ambrogio con tecnica sottile e intensa, e fortunatamente conservato quasi intatto. Un restauro difficile ma stimolante, condotto da Muriel Vervat con la sua ben nota grande sensibilità e competenza».

«In una vita di direttore di museo, un restauro di questa importanza è più unico che raro – ha riconosciuto il direttore della Pinacoteca Axel Hémery -. Il ritorno della Croce di Ambrogio Lorenzetti restaurata, uno dei capolavori della Pinacoteca, ha un significato ancor più importante. Per un’opera molto rovinata, non possiamo più accettare le priorità di un restauro esemplare secondo le tendenze degli anni Cinquanta del Novecento. Oggi, pur rispettando i principi del restauro di Cesare Brandi, coordinatore del primo intervento, possiamo anche riconoscere le vicissitudini della storia e ridare vita, movimento, significato agli intenti di Lorenzetti».

«Il restauro della Croce del Carmine di Ambrogio Lorenzetti è stato un progetto importante per la Fondazione Friends of Florence – ha commentato la presidente Simonetta Brandolini, rappresentata dalla figlia Polissena -. Ci ha consentito di lavorare nuovamente per la conservazione del patrimonio di Siena, città che affascina tutti i nostri benefattori, meta di tanti programmi di studio che, come Friends of Florence, organizziamo periodicamente per i nostri sostenitori. Quest’ultimo intervento, iniziato in piena pandemia, ha regalato grande soddisfazione. È stato un privilegio per Friends of Florence, affiancare come donatori il meticoloso lavoro. Ci ha permesso di partecipare, passo dopo passo, al recupero conservativo del capolavoro. La condivisione delle scelte e delle riflessioni fra la restauratrice e gli storici dell’arte è stata generativa: ha restituito all’opera la sua incredibile bellezza, consentendo di apprendere nuove informazioni sulla tecnica e sulla maestria di Ambrogio Lorenzetti, caposaldo del Trecento Senese».

Tutti prodighi di reciproci ringraziamenti, e poi a Muriel Vervat, agli esperti della Pinacoteca, affidata alla direzione prima di Cristina Gnoni e poi di Elena Rossoni con la funzionaria restauratrice Elena Pinzauti; ai professionisti ed esperti coinvolti nel progetto.

Il valore dell’opera è sostenuto dalla storia che accompagna questa monumentale croce dipinta, proveniente dal convento di San Niccolò al Carmine. Fu depositata dal Comune di Siena nel Regio Istituto di Belle Arti di Siena nel 1862, entrando a far parte del nucleo originario di opere della collezione della Pinacoteca Nazionale. Le vicende del convento del Carmine consentono di supporre che la Croce sia stata realizzata intorno al 1328-1330, datazione confermata anche dallo stile: un’opera giovanile di Ambrogio ancora legata alla pittura giottesca, con spunti che caratterizzeranno la produzione più matura del maestro; e un gusto raffinato nell’elaborata decorazione a punzoni del tabellone e dell’aureola.
Sul piano della struttura, l’opera si inserisce in un contesto di croci dipinte a Siena fra Tre e Quattrocento, connotate dai complessi lavori di carpenteria con terminazioni a poligoni stellati e modanatura delle cornici, rispetto alle quali Ambrogio affina il canone gotico. Il suo interesse per l’osservazione della realtà emerge nella scelta di raffigurare le venature del legno della croce, preferendo questo dettaglio alla più consueta campitura blu. L’abilità del pittore nella resa degli elementi naturalistici si esprime con evidenza nella figura del Cristo. L’anatomia del corpo è studiata nel volume: un chiaroscuro sfumato descrive con delicatezza le fasce muscolari, sottolineando con efficacia alcuni punti d’ombra in contrasto con la colorazione chiara della carnagione su cui spicca il rosso brillante del sangue. Con una pittura composta da sottili pennellate morbide, Ambrogio descrive la barba e i capelli castani che ricadono incorniciando il volto, dalla cui espressione si percepisce l’ultimo momento di dolore prima di rassegnarsi alla morte. La testa è reclinata in avanti, con un effetto drammatico accentuato dall’aureola a rilievo. Dal basso si osservano le labbra carnose, già velate da un riflesso cianotico, e le palpebre socchiuse che donano alla figura uno sguardo di commuovente umanità.

Complesso e protratto nel tempo il lavoro descritto da Muriel Vervat. L’opera, ha detto, presentava problemi conservativi. Nell’Ottocento, le infiltrazioni di acque piovane nel Convento del Carmine provocarono cadute di colore del dipinto, risparmiando il volto del Cristo che rimase protetto dall’aureola aggettante rispetto al livello della croce. Il precedente restauro, realizzato fra il 1953 e il 1956 dall’ICR di Roma sotto la direzione di Cesare Brandi, aveva evidenziato le parti originali. Difatti, la campiture neutre in sottolivello sostituirono con la rimozione le ridipinture successive. Quel restauro, allineato alle teorie conservative del tempo, molte valide ancora oggi, ha reso tuttavia la lettura dell’opera frammentaria. La mostra monografica su Ambrogio Lorenzetti, a Siena tra il 2017 e il 2018, ha sollevato la necessità di recuperare una lettura migliore della Croce. Cristina Gnoni, allora direttrice della Pinacoteca Nazionale, propose a Friends of Florence di finanziare il nuovo intervento, progettato da Muriel Vervat. Lo scopo è stato il recupero della materia originale, con la reintegrazione cromatica delle lacune, per una lettura unitaria e più godibile dell’opera. L’intervento è stato preceduto da un articolato programma di indagini scientifiche dell’IFAC-CNR e ISPC–CNR di Firenze. Con un prezioso sostegno per il progetto di restauro, ha permesso di approfondire la sofisticata tecnica pittorica di Ambrogio Lorenzetti. L’analisi stratigrafica ha evidenziato la modalità di stesura del sangue che scorre dalle ferite di Cristo, con due tipi di rosso: uno di base, corposo e ricavato dal cinabro, al quale si sovrappone uno strato più scuro e brillante in lacca rossa, ottenuta col rosso kermes, pigmento prezioso, più costoso dell’oro, segnale evidente di una committenza di rilievo.

L’intervento ha permesso di approfondire la tecnica esecutiva, accompagnato da riflessioni sulle scelte conservative, in particolare sul fondo oro e sulle lacune che interessavano il corpo del Cristo. Il fondo dorato della croce, preziosa decorazione, ha rivelato, attraverso il restauro, uno studio sofisticato di Ambrogio Lorenzetti sulla diffusione della luce. All’epoca, con la Croce esposta in chiesa, l’illuminazione era assicurata dalla luce naturale filtrata dalle finestre, modificandosi nell’intensità e nella direzione secondo le ore, e dalle fiamme delle candele. Queste fonti di luce davano alla materia pittorica una luminosità viva e mutevole che metteva in valore la plasticità dell’anatomia dipinta del corpo di Cristo, dove i punti di maggiore rilievo sono le spalle e le ginocchia.

Questo fondo dorato, realizzato dal pittore come un tessuto decorato, quasi un cuoio lavorato a bulino con figure geometriche realizzate a compasso, appariva danneggiato. Lo studio accurato dei moduli simmetrici ai lati del Cristo ha permesso di congiungere le linee perdute dei cerchi, senza applicare forzature e invenzioni che avrebbero condizionato la leggibilità dell’opera. Con la pulitura, è emerso il legno dipinto della croce sulla quale è inchiodato il Cristo: la tonalità rosea e le venature verosimili, ora creano un forte contrasto con il tessuto geometrico del fondo. Infine il trattamento delle lacune ha rappresentato un momento fondamentale del restauro utile a ridare voce all’intenzione poetica e artistica di Ambrogio Lorenzetti e a restituire valore narrativo alla materia pittorica originale (www.pinacotecanazionale.siena.it).