Quattro imprenditori delle province di Massa Carrara e La Spezia sono stati arrestati, mentre quattro dipendenti di un’azienda di trasporti di Carrara sono sottoposti a obbligo di dimora. I 4 imprenditori sono ritenuti responsabili di traffico illecito di rifiuti. I provvedimenti sono stati eseguiti stamani dai Carabinieri del Noe di Firenze in collaborazione con i Comandi provinciali di Massa e La Spezia coordinati dalla Procura Distrettuale Antimafia di Genova e su disposizione del Gip di Genova.
Sequestri preventivi Nell’ambito della stessa operazione sono state eseguite perquisizioni e posti sotto sequestro preventivo circa due ettari di uliveto, un impianto di recupero rifiuti, camion ed altri beni, per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro, beni in parte utilizzati per l’illecito traffico di rifiuti, in parte ritenuti provento dell’attività criminale.
4 complici Dalle indagini svolte dal Noe di Firenze è emerso che gli otto cittadini cautelati, insieme ad altri 4 complici indagati a piede libero, hanno organizzato e gestito un traffico illecito di rifiuti speciali non pericolosi, la cosiddetta marmettola, tra le province di Massa Carrara, dove è ubicato l’impianto di recupero, La Spezia e Pisa, dove si trovano i due principali siti in cui il rifiuto veniva illecitamente utilizzato per lavori di messa in opera di un uliveto annesso ad un agriturismo e di ripristino ambientale di una cava.
Centinaia di migliaia di euro di utili L’organizzazione criminale era gestita dai titolari dell’impianto di recupero, in accordo con una ditta di autotrasporti, autisti compiacenti, un impresario edile, un agronomo, un geometra, i proprietari di una cava e quelli di un agriturismo e dei terreni ad esso attigui. La condotta criminosa si articolava in modo tale che il rifiuto, ritirato presso vari produttori della zona di Carrara, risultati poi estranei alla vicenda, veniva trasportato ed interrato in determinate aree delle province di La Spezia e Pisa senza alcun tipo di lavorazione, senza cioè che il rifiuto subisse nessuna azione di recupero per essere trasformato in materiale idoneo allo scopo, con conseguenti lucrosi guadagni. Da quanto accertato, gli imprenditori tratti in arresto ed i loro complici si erano organizzati per offrire prezzi molto vantaggiosi, in concorrenza sleale con altri operatori del settore, ricavandone così centinaia di migliaia di euro di utile, “mascherando” minuziosamente l’attività delittuosa con falsa documentazione attestante: il regolare conferimento del rifiuto presso l’impianto di recupero; la sua ripetuta lavorazione finalizzata al recupero, quest’ultimo certificato anche con false analisi attestanti l’idoneità del materiale risultato della lavorazione “fantasma”; la successiva vendita e trasporto in siti autorizzati a riceverlo di un prodotto di fatto mai esistito.
Reati ambienatli Dalle indagini è emerso che l’attività dell’organizzazione andava avanti da almeno due anni e come le quantità di rifiuto trafficate illecitamente ammontassero a oltre 45mila metri cubi, pari a circa 70mila tonnellate. L’operazione si collega anche ad una indagine svolta nello scorso mese di gennaio da personale del Corpo Forestale dello Stato della Stazione di La Spezia, che in quella occasione aveva contestato agli indagati reati ambientali minori quali la realizzazione di discariche abusive, opere difformi in aree sottoposte a vincolo di particolare pregio paesaggistico e vari reati di falso a carico dei professionisti direttori dei lavori e sanzioni amministrative per una somma complessiva di circa 3 milioni di euro.