FIRENZE – “Il risultato più evidente è che il rischio di morte è maggiormente elevato nelle regioni con una popolazione lavorativa meno numerosa”.

La conclusione di Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio sicurezza sul lavoro e ambiente Vega, inquadra il risultato dell’analisi nazionale sui dati degli incidenti nei primi semestri tra il 2020 e il 2023.

Trentino Alto Adige e Abruzzo sono rimaste sempre aree critiche e non molto meglio se la passano Umbria e Molise. La Sardegna, al contrario, è la regione meno colpita dalla casistica. Intanto, alla fine dei primi sei mesi del 2023, le regioni in zona rossa, ovvero con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 15 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori) sono: Umbria, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. In zona arancione: Valle d’Aosta, Campania, Calabria, Sicilia, Piemonte e Puglia. In zona gialla, cioè sotto la media nazionale: Veneto, Lombardia, Lazio, Marche, Emilia Romagna e Liguria.

In zona bianca, ossia la zona in cui l’incidenza delle morti sul lavoro è la più bassa, sono presenti: Sardegna, Basilicata, Toscana e Molise.

Osservando le incidenze di morte per genere, si scopre che le donne rischiano meno dei colleghi maschi. Per gli uomini, infatti, l’incidenza è passata da 32,9 del 2020 a 24,2 del 2023. Per le donne da 5 a 2,4. Guardando invece alla nazionalità, l’incidenza dei lavoratori stranieri in occasione di lavoro è passata da 29 nel 2020 a 25 nel 2023, mentre per gli italiani da 20 a 14. Le vittime in occasione di lavoro sono passate dalle 485 del primo semestre 2020 a 444 dello stesso periodo del 2021 e sono ulteriormente diminuite l’anno successivo (342 nel primo semestre del 2022) per poi subire una piccola crescita nel 2023 in cui se ne registrano 346 nei primi sei mesi dell’anno. Il decremento dal 2020 al 2023 è del 28,7%.

Diversa e contraria la situazione per gli infortuni mortali in itinere registrati nei primi semestri di ogni anno, passati dagli 85 del 2020, ai 94 del 2021, ai 121 del 2022 e ai 104 del 2023. In questo caso l’incremento confrontando il primo semestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2023 è stato del 22%. L’aumento degli ultimi due anni degli infortuni in itinere è probabilmente dovuto all’abbandono dello smartworking utilizzato invece nel 2020 e nel 2021.

Per quanto concerne i settori più colpiti, nel 2020 sono stati Attività Manifatturiere, Trasporti e Magazzinaggio e Sanità e Assistenza Sociale ad aver fatto rilevare il maggior numero di decessi; dato, quello della Sanità, chiaramente connesso all’anno di esordio dell’emergenza sanitaria. Nel 2021, invece, sono stati Costruzioni, Attività Manifatturiere e Trasporti e Magazzinaggio i settori con più vittime. Mentre nel 2022 Trasporti e Magazzinaggio, Costruzioni e Attività Manifatturiere sono sul podio dell’insicurezza così come alla fine del primo semestre del 2023.