FIRENZE – Continuano i grandi lavori al Museo Nazionale del Bargello, che dopo la Sala degli Avori, la Cappella della Maddalena, la Sagrestia e la Sala della Scultura Medioevale, vede in partenza il riallestimento della Sala delle Maioliche e della Sala Islamica che annovererà tra le opere esposte anche una coppia di preziosi e rarissimi tappeti egiziani, cosiddetti “mamelucchi”, risalenti alla prima metà del Cinquecento, acquistati di recente dallo Stato per la collezione del museo.

Il progetto di riallestimento della Sala Islamica e della Sala delle Maioliche, collocate al primo piano del Museo, è curato dallo studio di architettura Guicciardini & Magni, e prevede il ripensamento del percorso espositivo, migliorando le modalità di conservazione e valorizzazione delle opere grazie all’ausilio di speciali vetrine dotate di cristalli antiriflesso e controllo del microclima. I lavori nelle due sale sono finanziati grazie al Piano Strategico “Grandi Progetti Beni Culturali” del Ministero della Cultura per un totale di 2.200.000 €. La procedura di gara per l’appalto dei lavori, gestita da Invitalia, è stata vinta dal raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) composto da Goppion SpA con la ditta Masi. I lavori per la realizzazione delle vetrine sono in corso e avranno una durata circa dieci mesi. A partire da settembre 2023, entrambe le sale chiuderanno per consentire il montaggio delle vetrine e quindi la nuova disposizione degli oggetti.

All’interno della rinnovata Sala Islamica troveranno spazio i pezzi più pregiati della ricchissima raccolta del Museo Nazionale del Bargello, che possiede una delle principali collezioni d’arte islamica in Italia, formata da un prezioso e antico nucleo mediceo e poi notevolmente arricchita, grazie alla donazione dell’antiquario lionese Louis Carrand (1821-1889) che nel 1888 decise di lasciare al museo il suo grande nucleo di arti decorative di età medioevale e moderna.  Anche il barone Giulio Franchetti (1840-1909) donò al museo nel 1906 una propria collezione: in questo caso si trattava esclusivamente di tessuti antichi, orientali ed europei, databili fra il Medioevo e il Settecento frutto di una passione, coltivata e perseguita per un’intera vita, alla ricerca dei pezzi più scelti, più belli e più rari.

A questa pregevole raccolta vanno ora ad aggiungersi i due antichi tappeti egiziani che lo Stato Italiano ha acquistato nel 2022, andando ad arricchire la collezione del Bargello. Dato il pregio e la rarità dei due tappeti, la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero della Cultura, ha potuto esercitare il diritto di prelazione sull’acquisto degli stessi prima che venissero messi all’asta e di conseguenza immessi sul mercato antiquario internazionale. I due tappeti si trovavano infatti all’Ufficio Esportazione di Genova quando la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del capoluogo ligure, con l’istruttoria della dottoressa Rossana Vitiello, ne ha segnalato l’importanza e innescato le procedure per verificare l’autenticità e il valore e quindi procedere all’acquisto per una cifra totale di 353.400€ (176.700€ per ciascun tappeto). Il Museo possiede già nelle proprie collezioni quattro tappeti turchi e un frammento persiano, ma fino ad oggi l’Egitto non era presente e questa nuova acquisizione completa, con due superbi esemplari, la raccolta museale di arte islamica. Dopo l’acquisto e la consegna al Museo Nazionale del Bargello sono stati oggetto di un attento intervento di restauro, terminato di recente.

Si chiamano mamelucchi i tappeti di manifattura egiziana, probabilmente del Cairo, tessuti nell’ultimo periodo del Sultanato omonimo che regnò su Egitto, Siria e Palestina dal 1250 al 1517, quando fu sconfitto dalle truppe dell’Impero Ottomano nel momento della sua massima espansione. Il disegno tipico di questi manufatti è caratterizzato da una ricca ornamentazione ad effetto caleidoscopico, con una gran varietà di motivi caratteristici come le piccole foglioline ad ombrello che alcuni identificano come foglie di papiro, pianta tipicamente egiziana. Altra caratteristica di questi tappeti è che il loro complesso e intricato disegno è realizzato con una ristretta gamma cromatica, normalmente di tre sole tonalità: il rosso, il verde e il blu, che può arrivare in rari casi fino ad un massimo di 6 o 7 colori, con l’aggiunta del giallo, del marrone scuro e del bianco avorio e talvolta di una tonalità di azzurro chiaro.

I due tappeti cinquecenteschi, provenienti dalla Villa Medicea di Camugliano (Ponsacco, provincia di Pisa) sono non solo l’unica coppia “gemella” di questo genere di manufatto arrivata fino a oggi ma, considerata la loro “età”, sono anche in un buono stato di conservazione. Sicuramente tessuti insieme, forse su di un unico telaio, sono del tipo a soli tre colori e quindi quasi sicuramente realizzati nell’ultimo periodo mamelucco, cioè il primo quarto del XVI secolo.

I due tappeti, che misurano rispettivamente 2 metri per 137 centimetri e 2 metri per 139 centimetri, sono completi e presentano ancora parte delle cimose originali. L’armatura è in lana con orditi di colore giallo verdognolo e trame di colore rosa chiaro, quasi avorio. Il nodo è asimmetrico, com’è tipico nei tappeti di questa produzione e presentano una peculiare tipologia di disegno con una stella al centro, motivi geometrici e dei pannelli contenenti cipressi alternati a palme. Le dimensioni originali dei due panni fanno pensare che fossero stati inizialmente pensati come copri-tavolo, ma non si può escludere che invece venissero usati ai lati di un letto.  La coppia di tappeti proviene dalla Villa Medicea di Camugliano, venduta dal Granduca Ferdinando Il de’ Medici ai Marchesi Niccolini e si può ipotizzare che sia stati importati in Italia sin dall’epoca della loro tessitura e fino ad oggi siano sempre rimasti nella villa.

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