VERONA – “Un ettaro di vigneto consuma mediamente circa 500 millimetri di acqua a stagione, cinquemila metri cubi pari a 5 milioni di litri. Occorre fare rete tra comuni limitrofi agendo insieme, dando priorità anche al problema della dispersione dell’acqua”.

E’ quanto sottolinea il presidente Città del Vino, Angelo Radica, da Vinitaly dove l’Associazione nazionale – che rappresenta 430 comuni – sarà presente (Galleria Arena – Stand 11), con 11 eventi in programma, fra cui la presentazione dei dati dell’Osservatorio del Turismo del Vino, con un focus di 145 comuni italiani.

“E’ drammatico per il futuro dei territori del vino italiano – prosegue Radica – constatare che riusciamo a raccogliere solo l’11 % dell’acqua piovana a causa di una rete infrastrutturale non adeguata, mancanza di piccoli invasi e perdite idriche del 42%. Oltre agli investimenti già previsti per 3,9 miliardi di euro (di cui 2,9 mld dal PNRR) per rendere efficienti, sicure e durature nel tempo le infrastrutture idriche; occorre investire in ricerca ed innovazione, valorizzando il ruolo dei vitigni ‘antichi’ resistenti alla siccità, ma anche sperimentarne di nuovi che siano resistenti e che abbiano bisogno di minore risorsa idrica. Sempre con una gestione intelligente dell’acqua”.

E’ necessario programmare strategie sul breve e lungo periodo – sottolinea Città del Vino – facendo sinergia fra Comuni, Governo, Regioni, Università e centri di ricerca: “L’emergenza idrica ha avuto nell’ultima vendemmia, in alcuni areali, risvolti estremi, per certi versi drammatici, e questo impone nuove strategie di gestione delle risorse idriche – aggiunge il presidente Radica -. Su questo tema i sindaci sono chiamati a svolgere un ruolo strategico attivando nuove iniziative per una gestione più intelligente e condivisa della risorsa acqua. In molte aree sarebbero utili dei micro-invasi per una più regolare distribuzione nei periodi estivi; vanno anche attivate tutte le sinergie per il recupero delle acque reflue che non devono più essere considerate un problema ma una risorsa. Inoltre, i comuni possono favorire – compatibilmente con gli strumenti di pianificazione regionale – una minore burocrazia ed uno snellimento delle autorizzazioni nei casi in cui non c’è un chiaro impatto paesaggistico ed ambientale”.