Portanova all'arrivo in tribunale, insieme al padre Daniele

SIENA – “Mi ritrovo oggi di fronte a qualcuno che tenta di affossare la mia persona e di mettermi in cattiva luce”. A parlare, per la prima volta fuori da un’aula giudiziaria, è la ragazza coinvolta nella presunta violenza sessuale che ha visto la condanna in primo grado di Manolo Portanova e dello zio, Alessio Langella.

“Purtroppo oltre ad un tribunale giudiziario ne esiste anche uno mediatico e sociale, molto crudele, del quale con sincerità posso affermare che siamo vittime tutti – aggiunge la giovane nella missiva a La Nazione Non sono stata io a voler dare clamore a questa orribile vicenda. Però il fatto sta nel voler portare alla luce la verità”. La lettera ripercorre alcune fasi della vicenda. Dalla serata tra il 30 e il 31 maggio 2021, dove si sarebbe consumata la violenza, a quanto raccontato ai pm.

“Sono qua oggi, per rispondere ad una conferenza stampa da poco tenuta, per rispondere a chi potrebbe credere più alle parole di qualcuno rispetto all’esito di un primo grado di giudizio”, spiega la 22enne, riferendosi alla conferenza stampa tenuta da Portanova il 10 marzo per raccontare la ‘sua’ versione dei fatti, dopo la lettura delle motivazioni di condanna. “Negli ultimi anni – scrive la ragazza nell’apertura della sua lettera – ho scoperto di avere tanti nomignoli: Chiara, Sara, Claudia, Marta, ’quella di Portanova’, ’sicuramente una poco di buono’, ’la stuprata’ e chi più ne ha più ne metta. Ho scelto di scrivere, una scelta un po’ tarda potreste pensare … ma sapete, non è mai facile esprimere se stessi e il proprio dolore quando si è in mezzo ad una burrasca giudiziaria”.

La giovane ha voluto rispondere anche all’accusa mossa dai legali del calciatore di aver copiato il racconto fatto alla psicologa di una ragazza violentata negli Usa nel 2015. “Credete davvero” scrive ora la studentessa, che il tribunale “avrebbe dovuto assolvervi perché, mesi dopo i fatti, ho fatto mie le parole della lettera scritta da una ragazza americana violentata da un atleta? Delle tante che ho scritto alla psicologa, si tratta dell’unica lettera non interamente mia, una lettera a me a cuore perché in quella ragazza ho rivisto me stessa”.

Il giocatore ha scelto di replicare a quanto scritto dalla 22enne. “Ammesso e concesso che il dolore di una persona possa essere similare a quello di un’altra tanto da ‘prenderne in prestito’ le parole ai fini di una deposizione – evidenzia Portanova – non riesco a comprendere il motivo per cui non si è mai fatto cenno alla vicenda della ragazza americana fin quando il mio legale, attraverso un lavoro scrupoloso e attento, ha smascherato questa abile opera di copiatura. Ciò detto, mi sorgono dei dubbi, anche legittimi: se non si fosse effettuato un lavoro così accurato si sarebbe mai pervenuti ad associare la versione con quella della reale vittima americana?”.

E ancora. “Hanno usato tanti nomi per tutelarti – conclude Portanova – ma le tue storie sui social son sembrate subito esplicite, non per il like, non per le condivisioni, semplicemente perché in un momento come questo la tua priorità è stata quella di farti dei selfie inquadrando il bracciale dell’ospedale e associandolo ai giornali che scrivevano il mio nome. È tutto normale, chiunque avesse voluto evitare la mediaticità si sarebbe comportato esattamente così”.