“Scusa Mike, mi sono sbagliato, sei il più grande”. Lo scrive in un articolo sul Corriere della Sera Indro Montanelli, per ‘farsi perdonare’ dall’amico Mike Bongiorno. Una storia tribolata la loro, un’amicizia nata nel carcere di San Vittore, per due maestri immortali del giornalismo e della televisione italiana.

Era il 3 gennaio del 1954.

“La Rai, Radio televisione italiana, inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive”. Con questa storica frase recitata con l’eleganza dell’epoca da Fulvia Colombo, nasceva 69 anni fa la televisione italiana.

E alle 14.30, di quella domenica pomeriggio, andava in onda il primo programma della tv nazionale, Arrivi e Partenze, una rubrica settimanale condotta da un giovane Mike Bongiorno, con interviste a vip – perlopiù americani – in arrivo e in partenza dall’aeroporto romano di Ciampino.

Era il 27 aprile del 2009.

Quel giorno dalla mia scrivania chiamai al telefono – al numero fisso della sua abitazione milanese – quello che per me era sempre stato un mito come Mike, il re dei quiz della televisione italiana.

In quel periodo facevamo (con l’amico e collega Cristiano Pellegrini, nonché direttore di questa testata) l’ufficio stampa della mostra che Fucecchio dedicava a Montanelli, per i cento anni dalla sua nascita.

E così quella intervista telefonica al grande Mike. Per parlare del suo rapporto con Montanelli, dei momenti in carcere, e poi come arriva alla tv italiana, grazie a Vittorio Veltroni, il padre di Valter. Mi racconta anche dei suoi progetti, e della nuova opportunità arrivata dall’amico Fiorello su Sky, perché anche a 85 anni, l’entusiasmo e la voglia di guardare avanti non gli mancavano. Infine una battuta sulla ‘nostra’ Juve, ed anche in questo caso il grande Mike aveva predetto, di lì a poco, il grande decennio di trionfi della Vecchia Signora.

Mi fa piacere ripubblicarla quella intervista che mi concesse quattordici anni fa per agenziaimpress.it, proprio oggi 3 gennaio, nell’anniversario della nascita della tv italiana e ad inizio 2023, nell’anno del 25esimo di Agenzia Impress.

Di Mike ricordo la grande disponibilità, il tono amichevole e ironico, la stessa voce che avevo sentito fin da bambino a Pentatlon e a La ruota della fortuna, era dall’altra parte della cornetta.

Dopo quattro mesi e mezzo, l’8 settembre 2009 a Monte Carlo, Mike Bongiorno morirà. E questa – per le informazioni raccolte a quel tempo – dovrebbe essere l’ultima intervista rilasciata.

Mike Bongiorno: 27 aprile 2009

Mike Bongiorno, partiamo dal periodo più duro della sua vita, la guerra. Era il 1944…

Mi hanno messo al muro, arrestato e mandato in prigione insieme ad altri militari, colto in flagrante mentre stavamo andando in Svizzera. Quelli della Gestapo durante una perquisizione in casa trovarono il mio passaporto Usa e mi spedirono a San Vittore (anziché essere fucilato, nda). Sono stato in isolamento completo …. per 64 lunghi giorni, mi davano solo un mestolo di minestra, un inferno, ho visto i bombardamenti su Milano e me la sono vista davvero brutta.

Quando e come è avvenuto l’incontro con Montanelli?

Poi mi mandarono in cella con altri prigionieri ed il mio compito era di fare lo scopino, ovvero vuotare i vasi degli altri prigionieri, mi veniva da vomitare, avevo sempre il voltastomaco. Nel frattempo hanno arrestato mia mamma, sa io ero americano, era meglio interrogare anche lei. Lei si trovava nel reparto femminile, e per andare a trovarla mi sono offerto di trasportare le taniche d’acqua in spalla, visto che nella parte femminile del carcere non avevano acqua. Mi sono preso i miei rischi. Per arrivarci dovevo attraversare l’infermeria del carcere, chi s trovava era un privilegiato, avevano almeno da mangiare. Fra di loro c’era un signore magro ed alto, che poi ho scoperto essere Indro Montanelli, che un giorno mi chiese, visto che andavo nel reparto femminile se potessi portare un piccolo biglietto, il cosiddetto pizzino, scritto a mano da Indro per portarlo alla moglie. Troverò un sistema per trasportarlo mi sono detto. E Montanelli me lo mise in bocca tutto arrotolato. Là c’era suor Enrichetta, eroina della resistenza (che adesso stanno beatificando), così diedi il biglietto alla moglie di Montanelli. Mia mamma intanto era in pensiero per me, ma portando acqua con i bidoni avevo la possibilità di vederla spesso, ed ogni volta che andavo incontravo Montanelli. Grazie a questo episodio del carcere è nato un rapporto molto caldo, fraterno, che nessuno dei due ha mai dimenticato.

E poi cosa è successo?

Una notte Indro Montanelli, con altri prigionieri, venne prelevato, pare, così io ho sempre saputo, da partigiani vestiti da tedeschi, fu portato a Verona per il processo. Poi chiusero un occhio e Montanelli fu portato al confine con la Svizzera, dove lui poi è rimasto.

In quel momento devo dire che rimasi molto male, perché insieme ad Indro non salvarono anche me. Ma se questo fosse accaduto non avrei vissuto la mia grande avventura, e non me ne sarei tornato in America.

Così venite divisi…

Nel settembre-ottobre mi caricarono su un camion e mi portarono a Bolzano, furono mandati messaggi con il ricetrasmittente (messaggi poi recentemente trovati) dove si diceva che il prigioniero Mike Bongiorno si trova in carcere a Bolzano e sta bene. Nel campo di concentramento di Bolzano c’era il direttore aguzzino arrestato di recente in Canada, e che adesso è in carcere in attesa di processo, a cui io sono stato chiamato a testimoniare. Dopo alcuni giorni arrivò un ufficiale della Gestapo e fui trasferito al campo di concentramento di Innsbruck e poi a quello di Spittal (a Villack). Sono stato tutto l’inverno con il camicione che avevo a San Vittore fino a gennaio del 1945, il freddo era insopportabile in quelle condizioni.

Ma la sorte mi sorrise: mi fu detto “tu sei molto fortunato” perché in cambio di prigionieri che gli Stati Uniti avevano in loro possesso sarei stato scambiato in quanto cittadino americano e sarei potuto tornare in Usa. Con un camion di prigionieri arrivai a Marsiglia, dove salii su una nave ed arrivai a New York.

Ed una volta tornato negli Stati Uniti?

Il Dipartimento di Stato mi chiese di raccontare la mia avventura alla trasmissione radio “La voce dell’America” che si poteva sentire anche in Italia. Mi fecero i complimenti per il mio racconto, “tu sei nato per fare questo lavoro” – mi dicevano – anche se per me era la prima volta. Un mio compagno di scuola a Torino ascoltò il mio racconto via radio, e di corsa andò a casa mia (a Torino) a dire a mia mamma che mi aveva sentito e che stavo bene e che mi trovavo negli Usa. Tutti seppero così che non ero morto, la notizia che ero vivo uscì anche su La Stampa, dove negli anni prima talvolta collaboravo. Dopo di che lavorai per 8-9 anni per una stazione radio “Il progresso italo-americano” parlando alla radio agli italiani. Mi sentì Vittorio Veltroni, il padre di Valter, che cercava un corrispondente per la radiotelevisione della Rai, e mi chiese di fare per lei due pezzi alla settimana, uno di colore, uno di sport.

Come andò l’incontro con Veltroni?

Nel 1954 mi dice che in Italia stava per varare la tv e mi disse che avrei potuto dargli una mano. E’ la svolta della mia vita, mi affida Arrivi e partenze. Dopo un anno, finisce il programma e decido di tornare in Usa dove avevo avviati dei progetti lavorativi molto importanti. Ma Veltroni mi disse che ero stato il primo personaggio televisivo in Italia e che dovevo restare. Buttai alle ortiche tutto quello che avevo costruito in Usa, rimasi in Italia e non sbagliai. Da un programma americano The $64,000 Question fu realizzato per me il Lascia o raddoppia. A quel tempo c’erano 4-5mila televisioni in Italia, l’anno dopo Lascia o raddoppia ci fu il boom di acquisti di televisioni, una grande soddisfazione.

Quanto il periodo di carcere ha influenzato tutta la sua vita?

Ho sofferto così tanto che non si può immaginare, ma grazie a quelle sofferenze ho imparato tanto e sapevo che di più non avrei potuto soffrire. Oggi sono esattamente 65 che sono stato arrestato e buttato in carcere, per me è una data importante. Anche le difficoltà avute negli anni in tv sono state superate grazie a questa scorza che mi ero cucito addosso.

Ma con Montanelli vi eravate persi di vista?

Dopo il primo anno di Lascia o Raddoppia Indro Montanelli scrive un grande articolo sul Corriere della Sera dedicato a Mike Bongiorno: “Ricordati – aveva scritto – che avrai grandi difficoltà, e che la tua fama in Italia non durerà a lungo, e sarai costretto a tornartene in America”. Ci rimasi male. Ma due anni più tardi con i successi della trasmissione, esce un altro articolo di Montanelli dove dice: “Scusa Mike, mi sono sbagliato, sei il più grande”. Negli anni futuri siamo sempre stati molto amici, sempre in contatto, fui io a convincerlo a fare tv, prima mandandolo a Telemontecarlo quando nacque la tv.

Come vede oggi la tv italiana?

La tv italiana la vedo molto, molto male, tant’è che per quanto mi riguarda ho lasciato il gruppo perché non potevano più pagarmi. Ma il mio angelo custode che mi ha seguito per tutta la vita non mi ha abbandonato, e da poche settimane sono stato ingaggiato da Sky per fare il consulente per un anno. Il mio socio, Fiorello, con cui faccio tante cose e tanti spot, ha insistito perché andassi con lui e sabato scorso ho iniziato come consulente. Stiamo già progettando un nuovo rischiatutto su Sky, che le dico in anteprima si chiamerà Riskytutto.

Lei Mike è un grande tifoso juventino, come vede la situazione attuale?

Purtroppo vedo un quadro nero, si deve rifare tutto, sono crollati. Speriamo di mantenere il terzo posto che ci porta in Champion’s league. Per il prossimo anno? Sono molto amico della dirigenza e mi hanno detto che spenderanno dei bei soldini e che riavremo una grande squadra competitiva per l’Italia e per l’Europa.