SIENA – «’Ditegli sempre di sì’ è una commedia in bilico tra la pochade e un vago pirandellismo; un congegno bizzarro in cui Eduardo si applica a variare il tema della normalità e della follia, consegnando al personaggio di Michele Murri, il protagonista, i tratti araldici della sua magistrale leggerezza».
Il regista Roberto Andò racconta la commedia in scena al Teatro dei Rinnovati venerdì 9 novembre. «È uno dei primi testi scritti da Eduardo, un’opera vivace, colorata. Il protagonista è un pazzo metodico con la mania della perfezione», continua il regista.
In ‘Ditegli sempre di sì’, la pazzia di Murri è vera. È stato per un anno in manicomio e solo la fiducia di uno psichiatra ottimista gli ha permesso di ritornare alla vita normale. Michele, comunque, è un pazzo tranquillo, socievole, cortese, all’apparenza l’uomo più normale del mondo. La sua follia, però, è più sottile: consiste essenzialmente nel confondere i suoi desideri con la realtà che lo circonda; eccede in ragionevolezza, prende tutto alla lettera, ignora l’uso della metafora, puntualizza e spinge tutto all’estremo. Tornato a casa dalla sorella Teresa si trova a fare i conti con un mondo diverso dagli schemi secondo i quali è stato rieducato in manicomio.
«Con grande emozione mi sono avvicinato alla regia di un testo di Eduardo, raddoppiata dall’onore di dirigere la compagnia intestata a un grande amico e straordinario interprete: Luca De Filippo – ammette il regista -. L’intreccio è di una semplicità disarmante, come se l’autore programmaticamente si fosse nascosto dietro la sua evanescenza per dissimulare l’inquietudine».
L’iniziale versione della commedia risale al 1925, la prima volta che in un lavoro di Eduardo compare la follia. Nonostante il grande successo tributatole negli anni della compagnia Scarpetta e poi nelle stagioni del Teatro Umoristico, come altre commedie dei ‘giorni pari’, ‘Ditegli sempre di sì’ a un certo punto fu messa da parte. Frutto di successive elaborazioni, lasciata aperta all’improvvisazione, Eduardo elaborò una versione definitiva e italianizzata in occasione della sua regia televisiva del 1962.
«Si produsse, rivestendo ancora una volta i panni del protagonista, a mio parere – osserva Andò -, in una delle sue più grandi interpretazioni. Tra porte che si aprono e si chiudono, equivoci, fraintendimenti, menzogne, illusioni, bovarismi, lo spettatore si ritrova in un clima sospeso tra la surrealtà di Achille Campanile e un Pirandello finalmente privato della sua filosofia. Via via che si avvicina al finale, il fantasma delle apparenze assume un andamento beffardo, sino a sfiorare, nel brio del suo ambiguo e iperbolico disincanto, una forma spiazzante. La stessa che, anni dopo, il genio di Thomas Bernhard riassumerà in una scarna, e micidiale, domanda: ‘È una commedia? È una tragedia?’.
Inizio spettacolo alle 21; si replica sabato 10 dicembre; domenica 11 dicembre alle 17 (www.teatridisiena.it).