ROMA – Strani scherzi del destino. Nel giorno del via libera al rigassificatore, il prezzo del gas scende sotto quota 100 euro per megawattora.

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Due mesi valeva più di 300 euro, mentre per trovare una quotazione simile, serve indietreggiare fino a giugno, quando la Russia si era fatta portavoce delle prime minacce sul taglio delle forniture. Allora sembrava che l’Italia e buona parte del Vecchio Continente fossero costrette a fermare la macchina industriale, oltre a sottostare al freddo dei mesi invernali. Invece, le strategie dei singoli Paesi e un autunno mite hanno cambiato per ora le carte in tavola.

Non è detto che al mercato olandese del Title transfer facility, il riferimento per le contrattazioni europee, le cose vanno sempre in questo modo anche in futuro. Fatto sta che le riserve statali sono quasi piene (la media europea è del 93%) e ieri in determinati contesti alcuni fornitori si erano dimostrati propensi a pagare pur di liberarsi del gas in eccesso. Altro elemento non secondario è l’accordo sul tetto al prezzo massimo, voluto fortemente dall’ex premier Mario Draghi.

L’utilizzo del gas stoccato, senza quindi doverne acquistare di nuovo, è uno dei motivi principali del contenimento della quotazione. L’Italia, che ha diversificato su più Paesi l’approvvigionamento, ha importato dalla Russia nel 2022 10 miliardi di metri cubi: ben 13 in meno rispetto allo scorso anno. L’Ispi tuttavia ha evidenziato come un calo brusco delle temperature, potrebbe portare il nostro Paese ad attingere dalla riserve.

Gli effetti a breve termine dovrebbero comportare un abbassamento delle bollette, con le tariffe che si baseranno per la prima volta sui consumi effettivi e saranno su base mensile e non trimestrale come accadeva in precedenza.