SIENA – La legge c’è, basterebbe applicarla e farla rispettare. E’ spesso un ritornello tutto italiano ma che, in tempo di siccità ed emergenza idrica, finisce per suonare bene ancora una volta. La domanda questa volta è: che fine ha fatto la Legge Galli, la n.36 del 5 gennaio 1994, Disposizioni in materia di risorsa idrica? Ma, soprattutto, perché viene disattesa? Eppure il suo testo è chiaro.

Indica i problemi ma anche le soluzioni e gli interventi. La sua applicazione, tuttavia, si è dimostrata nel tempo del tutto insufficiente e il sistema continua ad evidenziare ‘falle su falle’. Ecco, in sintesi, alcune delle norme riassunte da una legge che non tutti conoscono e che se integralmente applicata avrebbe certamente ridotto gli aspetti, per molti versi drammatici, che dobbiamo prepararci ad affrontare senza ulteriori ritardi.

Tutela e uso delle risorse idriche. L’acqua costituisce una risorsa pubblica che va salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà. Si devono salvaguardare le aspettative e i diritti delle generazioni future. L’uso dell’acqua va indirizzato al risparmio e al rinnovo delle risorse.

Usi delle acque. L’uso dell’acqua per il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (5 gennaio 1994 n. 36) è adottato il regolamento per la disciplina delle modificazioni artificiali della fase atmosferica del ciclo naturale dell’acqua.

Equilibrio del bilancio idrico. L’Autorità di bacino (ATO) definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico per assicurare l’equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell’area di riferimento. L’Autorità competente adotta le misure per la pianificazione dell’economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi per non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.

Competenze dello Stato. Sono elencate le direttive generali e di settore per il censimento delle risorse idriche, le metodologie generali  per la programmazione del razionale utilizzo delle risorse idriche, i criteri e gli indirizzi per i trasferimenti di acqua per il consumo umano, l’aggiornamento del piano regolatore generale degli acquedotti, le direttive per la individuazione delle aree a rischio con finalità di prevenzione di crisi idrica, i criteri per la gestione del servizio idrico integrato, i livelli minimi dei servizi garantiti.

Risparmio idrico. Progressiva estensione delle seguenti misure. Risanamento delle reti esistenti che evidenziano rilevanti perdite, installazione delle reti duali nei insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni. Installazione di contatori in ogni singola unità abitativa, diffusione del risparmio idrico in tutti i settori; entro un anno dall’entrata in vigore della legge occorre definire i criteri per valutare le perdite di acquedotti e fognature, ed entro il mese di febbraio di ogni anno i gestori dei servizi idrici devono trasmettere alle autorità competenti i risultati delle rilevazioni eseguite.

Modalità per il riutilizzo delle acque reflue. Entro un anno dall’entrata in vigore della “legge Galli” dovevano essere definite e applicate tutte le normative riguardo il riutilizzo delle acque reflue secondo gli aspetti igienico-sanitari previsti, le modalità per la realizzazione, la conduzione e l’adeguamento di impianti di depurazione e delle reti di distribuzione delle acque reflue per i diversi usi.

La Regione adotta o, meglio, dovrebbe adottare programmi per attuare il risparmio idrico, prevedendo incentivi ed agevolazioni alle imprese che si dotino di impianti di riuso e di riciclo ovvero utilizzino acque reflue trattate, nonché per realizzare acquedotti ad uso industriale, promiscuo e rurale.