SIENA – Una legge elettorale che non convince, un quadro politico frammentato e una riduzione significativa dei parlamentari.
L’Italia che andrà al voto il 25 settembre, è un rebus. Per tentare di risolverlo abbiamo intervistato Mattia Guidi, docente di Scienza politica presso l’università di Siena.
Professore, due mesi alle elezioni. Che scenario ci troviamo di fronte?
“Da questa crisi di governo mi sembra che esca un centrodestra ricompattato. La legge elettorale premia le coalizioni che si presentano unite, soprattutto nei seggi uninominali. In particolare se, come in questo momento, il campo opposto è frammentato”
Quanto incide la riduzione dei parlamentari sull’esito del voto?
“Meno seggi da attribuire spostano in alto la soglia per entrare in Parlamento. Quindi, per i partiti piccoli è più difficile superare lo sbarramento. L’altro risvolto è che la coalizione vincitrice, ha maggiore peso”.
A sinistra quindi ci sarà una corsa a fare squadra con il Pd?
“Io in questo momento vedo molta fluidità. L’alleanza con il M5S sembra messa da parte. E’ difficile comprendere le future alleanze da quello che sta emergendo.
Il campo largo auspicato a sinistra lo potremmo vedere al centro?
“I movimenti di Forza Italia sembrano indicare che il partito ha fatto una scelta di campo, virando a destra. Quindi, se le forze che gravitano nell’area di centro non vanno da sole, è presumibile che guardino piuttosto a sinistra. Detto ciò, oggi è difficile fare previsioni”.
Queste elezioni segneranno il ritorno del bipolarismo?
“Gli indicatori sembrerebbero andare in questa direzione, però il M5S potrebbe ancora rappresentare la terza forza in campo, come è stato negli ultimi dieci anni”.
Il Rosatellum premia le coalizione grandi, ma non garantisce la governabilità. Si rischia di andare incontro ad anni di instabilità?
“Il punto è un altro. L’Italia è l’unico Paese che ha le coalizioni nella legge elettorale. E’ un elemento che continua a resistere ma è disfunzionale. L’esempio lo abbiamo avuto con il centrodestra nell’ultima legislatura. I governi di norma si fanno con le alleanze parlamentari. Da noi invece si promettono coalizioni di governo, ma poi accade che disattendono gli impegni presi con gli elettori”.
La soluzione è un modello alla francese?
“Può essere, ma anche un proporzionale senza coalizioni come c’è in Germania e in altri Paesi, va benissimo. Si misura la forza dei partiti, se poi non c’è una maggioranza assoluta, si allea con altre. Non è che il sistema migliore di governo è quello dove uno prende la maggioranza da solo. Un maggioritario come quello del Regno Unito magari garantisce la governabilità, ma non la rappresentatività. Non è detto che sia un bene”.
La conseguenza del taglio dei parlamentari è una nuova mappa elettorale. I territori come ne escono?
“Già i collegi uninominali della legge Rosato erano grandi. C’è sicuramente minor rappresentatività”.
Con 600 parlamentari le Camere funzioneranno meglio?
“E’ necessaria una premessa. L’anomalia italiana era rappresentata da due Camere che facevano le stesse cose, non tanto dal numero degli eletti. Come in altri Paesi, la soluzione poteva essere quella di adottarne una sola. Invece, ne abbiamo ancora due, ma con meno persone. L’incognita è nell’operatività quotidiana delle stesse, ma le previsioni sono difficili”.
Chi avvantaggia questo voto anticipato?
“Intanto c’è da far interessare gli elettori alla politica. L’estate non aiuta. E’ presumibile che la campagna elettorale entri nel vivo l’ultimo mese. E’ più difficile quindi sovvertire i rapporti di forza. Chi adesso è davanti, ha un bel vantaggio”.
Cosa ci lascia questa legislatura?
“Sono successe molte cose senza precedenti. C’è stato il record di parlamentari che hanno cambiato casacca e la legislatura ha mostrato tutti i problemi del sistema partitico. E’ emersa un’altra anomalia tipicamente italiana, ovvero cercare di risolvere le crisi all’interno del palazzo. Forse andare a votare è più salutare. I cittadini sono disorientati. Non mi stupirei perciò di battere il record negativo di affluenza alle urne”.