FIRENZE – “L’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil – sottolinea l’appello -, chiesto dalla Nato, votato pressoché all’unanimità dal Parlamento, confermato dal governo Draghi anche se confusamente spalmato in anni, è non soltanto eticamente inaccettabile, ma politicamente sbagliato”.

Almeno così sostengono, tra gli altri gli ex ministri Vannino Chiti e Rosy Bindi, e i due ex presidenti di regione Claudio Martini e Enrico Rossi che hanno rivolto un appello al Governo e al Parlamento per far cambiare la scelta sull’aumento delle spese militari e far approvare il Trattato di proibizione delle armi nucleari. A sottoscrivere l’appello anche rappresentanti di varie religioni e orientamenti politici.

“L’obiettivo è realizzare forze militari europee, non incrementare spese nazionali, come in Italia o in Germania. L’Unione europea deve assumere la responsabilità sulla difesa, la sicurezza e la politica estera”. Per i sostenitori dell’appello “la realizzazione di un esercito europeo richiederà tagli e razionalizzazioni in alcuni settori, incrementi in altri: non un generico aumento e spreco di risorse. L’Italia con la finanziaria del 2022 ha già aumentato gli stanziamenti nella difesa di circa il 20% rispetto al 2019, del 75% nelle infrastrutture militari. Le risorse per le forze armate sono quest’anno complessivamente 25 miliardi di euro: portarle oggi al 2% del Pil significherebbe un incremento di 13 miliardi”.

“L’aumento delle spese militari – si osserva ancora – non ha niente a che vedere con il diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione della Russia né con il nostro dovere di sostenerla: il collegamento strumentale che viene fatto per meglio far accettare la scelta di una crescita dei fondi per gli armamenti rischia anzi di determinare un indebolimento del sostegno popolare alla causa dell’Ucraina”. “Si cambino le scelte sull’aumento delle spese militari – conclude l’appello -, niente è ancora irreversibile, e si approvi il Trattato di proibizione delle armi nucleari”.