CAMPI BISENZIO – Uno spettacolo tra parola, poesia, proiezioni, musica e danza per rendere omaggio al percorso di un artista straordinario, nella ricorrenza dei suoi 69 anni.

Martedì 15 marzo ore 21.00 al Teatrodante Carlo Monni di Campi Bisenzio (Firenze) andrà in scena la prima italiana di “Inferno”, spettacolo di e con Andrea Bruno Savelli che condurrà il pubblico alla scoperta della vita e delle opere di Antonio Manzi, maestro eclettico e tormentato, dagli anni turbolenti della giovinezza al museo intitolato a suo nome, fino all’autoritratto donato al Corridoio Vasariano della Galleria degli Uffizi.

Protagoniste in scena, insieme alle parole di Manzi sapientemente raccolte da Savelli in anni di incontri e conversazioni, le sue sculture e i suoi dipinti, oltre ai versi di poeti affini alla sua sensibilità – da Campana a Baudelaire –, i colori vibranti che tanto gli sono cari e la danza, così simile alla sua pittura. Ed è in base a questa relazione fortissima con la danza – quasi un convivio di demoni nelle opere giovanili, per poi trasformarsi più avanti in un turbine di colori – che sono state create le coreografie originali a cura di Lara Favi.

Prodotto da Fondazione Accademia dei Perseveranti, il lavoro sarà In replica mercoledì 16, sempre alle 21.00 (info e prenotazioni: 055.8940864 – biglietteria@teatrodante.it – WhatsApp 3463038170).

Fondamentale per raccontare Manzi è l’intersecarsi delle possibilità artistiche. Ecco quindi che, grazie a proiezioni su “vele” fluttuanti sul palcoscenico, si faranno vive in teatro alcune tra le sue opere più amate: le famose “tovaglie”, dipinti che eseguiva appunto sulle tovaglie della trattoria Sanesi a Lastra a Signa. Vele che evocheranno il mare, che Manzi riuscì a raggiungere solo da adulto, oltre al celebre componimento di Campana, poeta amatissimo. “La genesi dello spettacolo è partita proprio dalle tovaglie – spiega l’artista – le due opere che ho realizzato a quindici anni con una semplice penna biro che adesso sono esposte presso il Comune di Lastra a Signa. Sono le mie pietre miliari, quelle che maggiormente si sono confrontate con il giudice più severo, il tempo, e quelle in cui ho più fiducia. Partendo da loro è possibile comprendere a pieno la mia poetica”.

Nato ad Avellino nel 1953 e subito trasferitosi in Toscana, Antonio Manzi attraversa un’infanzia tormentata in un paese che sta sperimentando cambiamenti epocali, arrivando poi a vivere, in piena adolescenza, la straordinaria catarsi che lo condurrà a realizzare opere capaci di riconciliarlo con l’esistenza. Un viaggio dantesco attraverso l’arte, che lo purifica dai demoni consacrando la sua arte in tutto il mondo. “Da bambino mia madre, molto preoccupata, mi chiedeva cosa volessi fare da grande. Io rispondevo: il Manzi!” – racconta divertito, e continua: “Con questo voglio dire che, sebbene sapessi benissimo di voler diventare un artista, all’epoca non ero ancora stato contaminato da alcuna corrente o grande maestro. Da giovani è difficile essere se stessi, si impara dagli altri e si trova più tardi la propria strada: io invece sono stato sempre soltanto il Manzi”.

“Raramente si incrociano storie incredibili come quella di Antonio – racconta Savelli – un uomo che è riuscito a commutare traversie violentissime in un viaggio artistico così potente. Manzi non si troverà fisicamente sul palcoscenico, ma sarà in teatro con noi per il debutto, sia seduto in platea che al centro di ogni attimo dello spettacolo, perché è stato attraverso i suoi racconti che ho potuto realizzare questo testo, mescolando immagini, parola, poesia, danza, luci e colori. Antonio ha seguito “Inferno” dal suo nascere alla forma compiuta, con enorme delicatezza e fiducia, costituendone costantemente il motore più importante”.