ROMA – Sopra i 2 euro e oltre. Parafrasando un eroe dei film di animazione, il rincaro dei carburanti non conosce soste. Prima la benzina, poi il diesel hanno superato questa quota. Anzi, l’hanno già staccata, perché negli ultimi giorni si sono stabilizzati sui 2,2 euro al litro.
La guerra è solo una parte del problema, perché l’innalzamento era già in atto dalla fine dell’anno. A causa di tanti piccoli balzelli, che gravano sul prezzo finale per il consumatore, le famigerate accise. Nel 1995 queste sono state inglobate in un’unica imposta differenziata, ma il parziale dice che questa tassa è composta da 19 voci differenti. Nel 2021 ha generato entrate per lo stato pari a 24 miliardi di euro. Gettito enorme e dovuto all’incidenza sulla quota carburante, pari a circa il 40%. In pratica su 2 euro pagati al distributore, 80 centesimi sono di accise. Se poi a questo a questo si aggiunge l’iva, si sale al 55%. Come imposte indirette fanno peggio di noi solo Olanda e Regno Unito. Chissà se però in questi Paesi sono ancora costretti a pagare la guerra in Etiopia di quasi 90 anni fa. Oppure la crisi di Suez, il Vajont, l’alluvione di Firenze, i terremoti, le missioni Onu e tante altre manovre finanziarie e non. L’ultima voce aggiunta, per esempio, riguarda le spese del ‘Decreto Fare’ del 2014.
Considerate le entrate prodotte, non è semplice rimuovere questi balzelli. Ora da più parti si sta chiedendo lo stop. Non certo una novità, anche se nell’oscillazioni periodiche del prezzo dei carburanti questo impennata non c’era mai stata. Dal grafico dell’osservatorio specifico del ministero dello Sviluppo economico, si evince che il record in epoca euro era stato raggiunto nel 2012: al tempo l’asticella era ferma a 1,786 per la benzina e 1,705 per il diesel. Era l’anno successivo alle primavere arabe e la Libia, tra i più grandi produttori di petrolio, era stato messo a ferro e fuoco. Ne era seguito un decremento, che nel 2020 aveva portato la benzina a scendere a 1,431.
Nel rialzo sfrenato ha inciso anche l’andamento del prezzo del petrolio, cresciuto nel 2021 del 25%, toccando gli 86 dollari al barile e superando di fatto i livelli prepandemici. Numeri ‘ridicoli’ se confrontati con quelli del 2022, dove il Brent, il petrolio estratto nel Mare del Nord, ha toccato i 130 dollari a balire. Il record è stato stabilito nel 2008, 147,5. Questi valori incidono principalmente sul prezzo dei carburanti, che ne seguono le oscillazioni.
A questo va aggiunta la decisione dei Paesi del Opec, l’organizzazione che raggruppa le 23 nazioni produttrici, di non aumentare la produzione mensile oltre i 400 mila barili. Quindi, le soluzioni per un inversione di tendenza sono due. O decresce il costo del Brent o si tagliano le accise. Altrimenti, di strada, quella vera in asfalto, se ne farà sempre meno.