ROMA – “Se la banca restasse soggetto autonomo, sarebbe esposta a rischi e incertezze considerevoli e avrebbe seri problemi” e “non si ravvisano le condizioni per una interlocuzione” con l’Unione europea per cambiare le condizioni che prevedono la dismissione da parte del Mef. Lo ha detto il ministro dell’Economia Daniele Franco in audizione alle Commissioni Finanze di Camera e Senato.
Gli stress test europei hanno evidenziato per Mps “l’esigenza di un rafforzamento strutturale di elevata portata” con un aumento di capitale ben superiore a quello previsto dal piano industriale”.
“Nel caso probabile in cui la Commissione Ue ponesse un obiettivo più ambizioso” di riduzione dei costi per Mps, “gli esuberi di personale potrebbero essere considerevolmente più elevati” rispetto alle 2.500 unità di esodi volontari stimati dalla banca nel piano industriale, ha precisato il ministro.
Lo Stato non effettuerà una svendita Di fronte alle preoccupazioni sollevate da quasi tutte le forze politiche e dai sindacati – si premura di offrire rassicurazioni sul fatto che la banca più antica del mondo non sarà oggetto di “smembramento”, che il governo presterà “la massima attenzione alla tutela dei lavoratori”, che l’operazione con Unicredit non si sostanzierà in una “svendita di proprietà statali” e che l’impegno a compensare Siena e la Toscana per la perdita di un baluardo della loro economia saranno una “priorità indiscussa e incomprimibile”. “Non si tratterà di una svendita di proprietà statale” ha aggiunto il ministro dell’Economia secondo cui “L’esito dello stress test conferma l’esigenza di un rafforzamento strutturale di grande portata” per Mps e per “portarla su valori medi delle banche europee” servirebbe “un aumento bene superiore a quello previsto dal piano 2020-2025″ da 2,5 miliardi di euro. Il piano stand alone sarebbe esposto a rischi ed incertezze considerevoli e a seri problemi di competitività” ha precisato Franco.
Un piano a cui non lesina critiche per non aver tenuto “conto degli impegni” assunti dalla banca con la Ue, che già chiedeva un rapporto tra costi e ricavi del 51% al 2021, a fronte del 74% previsto nel suo business plan dalla banca, che al 2025 si troverebbe ancora inadempiente, puntando a un obiettivo del 60%. Franco ha specificato che “il nuovo piano è subordinato alla interlocuzione con la Commissione europea”.
Franco ha assicurato che “l’operazione” che ha ad oggetto “l’intera attività bancaria” del Monte e non includerà 4 miliardi di euro di crediti deteriorati e i rischi legali, “verrà condotta nel rispetto delle regole della concorrenza”.
Franco ha spiegato che “il perimetro oggetto di cessione dovrebbe includere il complesso dei beni, immobili, partecipazioni, contratti e rapporti giuridici inerenti all’esercizio dell’attività bancaria e commerciale del Montepaschi. La definizione esatta sarà disponibile all’esito del processo di due diligence, non vi sono al momento indicazioni che facciano intravedere rischi di smembramento della banca Mps”. Il ministro ha poi aggiunto che “andranno ovviamente considerate indicazioni” delle autorità antitrust.
“L’industria bancaria – ha sottolineato il ministro – soffre da tempo di ridotta redditività e deve fronteggiare sfide rilevanti in un contesto di tassi bassi” per cui “la creazione di un soggetto bancario più stabile e meglio capitalizzato costituisce la via maestra per operare in un mercato sempre più complesso e digitalizzato”, rispondendo alla logica di “sostenere l’economia reale, tutelare il risparmio, ampliare le opportunità di finanziamento delle imprese”.
L’operazione verrà condotta in un “contesto di massima attenzione verso le tematiche occupazionali” all’interno di “un progetto di rilancio e di valorizzazione della città di Siena”. Mps “è la più antica banca del mondo, la sua storia, il suo nome, il suo marchio – ha detto Franco – sono un valore da preservare e devono essere parte del mondo finanziario del futuro. La salvaguarda dell’occupazione e del marchio unitamente alla tutela del risparmio e della stabilità del sistema bancario sono le priorità del governo”.
“E’ possibile che il ministero dell’Economia riceva azioni del gruppo Unicredit, ma tale eventuale partecipazione al capitale azionario del gruppo non dovrebbe alterare gli equilibri di governance”, ha concluso il ministro.
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