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FIRENZE – Perdita di posti e aumento della precarietà, è emergenza lavoro dentro la pandemia: il focus sull’economia toscana di Ires.

I dati sulle forze di lavoro Istat permettono di archiviare il 2020 con una perdita occupazionale netta di circa 20mila posti di lavoro dipendente (soprattutto donne e giovani), malgrado provvedimenti come il blocco dei licenziamenti, spiega Cgil Toscana. Nei primi tre mesi del 2021 il saldo tra assunzioni e cessazioni è positivo per 16mila, ma quasi la metà riguarda lavoro a termine. Uno scenario di piena emergenza occupazionale e sociale confermato dalla Cassa integrazione che insieme all’intervento dei Fondi di Solidarietà Inps porta il totale di ore richieste cumulato a giugno 2021 a circa 400 milioni di ore da aprile 2020 a giugno 2021: a giugno si aggiungono quasi 25 milioni di ore di Cassa integrazione in più rispetto a maggio, oltre a 10 milioni di ore in più coperte coi fondi di solidarietà. Siamo a quasi 100mila persone in Cassa integrazione, di queste molte rischiano di perdere il lavoro alla fine dell’ammortizzatore sociale in autunno. Il blocco dei licenziamenti sposta il carico della crisi occupazionale sui settori a più alto tasso di precariato (commercio e altri servizi). Lo sblocco inciderà probabilmente in misura estremamente forte sul settore dell’industria, la parte di occupazione cosiddetta “più garantita” dal punto di vista dei contratti e delle tutele. A fine 2022 dovremmo arrivare a un numero di unità di lavoro pari a fine 2019, ma ci sarà una incidenza di lavoro precario superiore, che riguarda giovani e donne. Credito e liquidità: a livello regionale, l’effetto del Dl liquidità sull’aggregato creditizio è pari a poco meno di 13 miliardi al fine gennaio 2021. Si tratta di una somma pari al 10% del dato complessivo nazionale, con un peso sul totale dello stock dei finanziamenti in essere per le imprese regionali pari al 25,5%, un dato di sei punti sopra alla media italiana, un dato drammatico: significa che la Toscana è andata in difficoltà sul credito già prima del Covid. In Toscana i settori più sofferenti sono industria, turismo e ristorazione; i territori più sofferenti – come differenziale – sono quelli che andavano meglio prima del Covid, come l’area metropolitana (si vede dall’aumento della Cassa integrazione). Sul valore aggiunto, le province più sofferenti sono Pisa, Prato e Firenze.

Segretaria generale Angelini: «Non possiamo immaginare una Toscana senza manifattura»

«Il focus Ires sull’economia ci dice che non possiamo immaginare una Toscana senza manifattura, che deve rappresentare un traino dell’economia e del lavoro di maggior qualità – dichiara Dalida Angelini, segretaria generale Cgil Toscana:. La Gkn, le acciaierie di Piombino, prima la Bekaert: c’è l’esigenza di un passo avanti sulla legislazione circa le multinazionali, non possono venire a usare il nostro territorio e poi andarsene lasciando danni sociali enormi. E poi occorrono politiche industriali e investimenti che il Governo deve mettere in campo sulla questione della transizione ecologica, specialmente nel settore automotive che in questo momento lancia segnali di sofferenza. Altro fronte preoccupante è quello su Mps: serve, col coinvolgimento del sindacato, una soluzione che non disperda il ruolo che storicamente quell’istituto ha avuto non solo per lo sviluppo del territorio senese ma di tutta la regione, contro ogni spezzatino e a difesa dell’occupazione. Dobbiamo avere in testa per la Toscana l’obiettivo ridurre le diseguaglianze territoriali e siamo pronti rilanciare con forza una grande vertenza sulla manifattura e sul lavoro manifatturiero. In tal senso, può essere giusta la strada indicata da Eugenio Giani di chiedere un tavolo toscano all’esecutivo. Anche perché la Toscana ha una sua specificità in questa crisi».

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Francese: «I rischi di inediti fenomeni di disoccupazione di massa aumentano»

«C’è una grande emergenza lavoro dentro la crisi determinata dalla pandemia – aggiunge Gianfranco Francese, presidente Ires Toscana –  I numeri parlano chiaro ed i rischi di inediti fenomeni di disoccupazione di massa aumentano, malgrado il limite imposto dal blocco dei licenziamenti che è terminato – in modo pressoché generalizzato – il 30 giugno scorso, che ha colpito in maniera pesante le donne e le persone più giovani. E siamo in grado di registrare statisticamente nei primi mesi di quest’anno un netto, previsto, rimbalzo positivo del Pil che pone la Toscana in condizione di recuperare entro il 2024 i livelli di Pil pro capite del 2008, sperando in buoni risultati su Pnrr e Next Generation Eu. Va tuttavia sottolineato che ciò non si ripercuoterà automaticamente sulla creazione di posti di lavoro. Un quadro fortemente critico in cui l’andamento dei consumi delle famiglie (-11,7%) e degli investimenti fissi (-9,1%) nel 2020 rispecchiano insieme un atteggiamento di profonda cautela sia dei cittadini che delle imprese nel considerare in via di superamento la crisi pandemica. Importanti per la Toscana sono i dati di ripresa dell’export regionale, che vanno però letti registrando l’indebolimento del settore moda uno dei settori industriali strategici insieme anche alla filiera legno e carta, alla gomma e plastica ed anche all’alimentare, solo parzialmente compensato dall’agricoltura. In sintesi, un anno dopo l’esplodere della pandemia, e pur in presenza della fondamentale risorsa vaccinale, siamo ancora ben lungi dal dichiarare chiusa l’emergenza sanitaria. Ora più che mai dobbiamo dire che senza occupazione stabile e di qualità non c’è possibilità di ripresa e di nuovo sviluppo. La Toscana dovrebbe tornare ad essere un modello di coesione sociale ed economica”.