di Marco Buselli

VOLTERRA – “Locus Amoenus”, la mostra che dal primo maggio, data di inaugurazione alla presenza delle istituzioni, ha permesso di riaprire le porte del Teatro Persio Flacco alla città di Volterra e non solo, è decisamente qualcosa più che una mostra.

Il successo nei numeri, finora circa un migliaio i visitatori, ovviamente nel rispetto delle regole riguardo al distanziamento sociale, ha premiato un allestimento, promosso dall’Accademia dei Riuniti sulla scia dei duecento anni dalla nascita, che mette in mostra, in un filo rosso comunque leggibile, piccole e grandi emozioni dal dna profondamente locale. Dall’alabastro sonoro di Giorgio Pecchioni, collocato nel golfo mistico, vero e proprio cuore del Teatro, alle opere, in equilibrio fra terra e cielo, di Sergio Borghesi. Dal dettaglio dei particolari nella Volterra in miniatura di Mauro Parenti, che scompare e riappare fra luci ed ombre sapientemente alternate, ai pezzi d’autore della Rossi Alabastri. Dai bei costumi di scena sul palco, agli echi della lirica che sembrano accompagnare l’alabastro e che sempre hanno convissuto con la sua lavorazione, come cerca costantemente di ricordarci con la sua passione Salvatore Giglioli, che assieme a sua moglie Anna Rosa Bessi, oltre a prestare le proprie opere per la mostra, ha lasciato in regalo un lampadario in alabastro al Teatro. Un’armonia, quella che accompagna il viaggio nelle varie sale del Persio Flacco, che fa bene all’anima, in un contesto generale connotato da un difficile e lento ritorno alla normalità, che ha assoluto bisogno di bellezza, per decollare.

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