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PISTOIA – «Pazienti in barella in spazi angusti, dove è impossibile il distanziamento anche nel caso in cui alcuni risultino positivi al Covid, con un’attesa media di 40 ore per l’accesso al reparto: come infermieri ci vergogniamo di lavorare in queste condizioni».

E’ quanto denuncia Rosa Scelta, segretario territoriale del sindacato autonomo degli infermieri Nursind, in merito alla situazione del Pronto Soccorso di Pistoia.

Pazienti di 90 anni in barella per 3 giorni

«Solo venerdì scorso, 2 aprile – sottolinea Scelta – alle ore 13 c’erano 40 persone in attesa su barelle. Abbiamo visto pazienti di 90 anni rimanere su una barella per tre giorni. Ci sono pazienti che hanno avuto referto del tampone negativo ma vengono trattenuti in area Covid insieme a persone risultate positive, perché è impossibile spostarli in Pronto Soccorso per mancanza di posti. Il rischio focolai è altissimo all’interno dell’ospedale».

Percorsi e le postazioni in sicurezza non possono essere più garantiti

«Come abbiamo segnalato più volte, lo spazio è talmente ridotto – prosegue il segretario territoriale di Nursind Pistoia – che anche quando vengono riscontrati risultati positivi dei tamponi, in Pronto Soccorso non si riescono a distanziare i positivi da coloro che sono ancora in attesa del risultato. Otto mesi fa, in occasione del sopralluogo del Servizio di Prevenzione e Protezione – fa notare Scelta – erano stati stabiliti percorsi e postazioni al fine di assicurare il distanziamento sanitario, ma nell’ultima settimana la situazione è precipitata: sono aumentati gli accessi in Pronto Soccorso e i percorsi e le postazioni in sicurezza non possono essere più garantiti».

«Ci vergogniamo di lavorare così»

«Nelle ultime settimane sono stati isolati focolai in alcuni setting e reparti, rendendo necessario la chiusura dei reparti. Per la sanificazione completa di un reparto può essere necessaria una settimana, il che comporta un’ulteriore riduzione di posti letto. Non solo – denuncia Nursind Pistoia – si nota che il comune denominatore di questi focolai è che i pazienti ricoverati e risultati positivi dopo una settimana di ricovero hanno sostato molte ore o anche alcuni giorni in Pronto Soccorso, nelle aree appena descritte come a forte rischio contagio. Come operatori sanitari siamo esausti, preoccupati e coscienti che in questa situazione non può essere garantita un’assistenza sicura: ci vergogniamo di lavorare così», conclude Rosa Scelta.