penna-e-calamaioLa letteratura è conoscenza, viaggio, emozioni, scoperta di se stessi, degli altri e del mondo. Ne troveremo conferme anche in questa rubrica che, settimanalmente, proporrà frammenti d’autore. Un piccolo “manuale d’uso” per i nostri giorni comuni e, soprattutto, per i sentimenti che dentro quei giorni abitano.

Nei giorni scorsi è morto Nando Orfei, uno dei capostipiti della cultura circense in Italia. Memorabili le sue collaborazioni con Federico Fellini che riproposero tutta la poesia del circo e dell’universo che vi ruota attorno. Poesia del circo fattasi spesso poesia-poesia. Si pensi a come Baudelaire consolidò il mito del clown triste, fino a restare un’immagine costante della letteratura per alcuni decenni.

IL BUFFONE E LA VENERE

Che giornata adorabile! Il grande parco va in deliquio sotto
l’occhio avvampante del sole: come sotto il dominio di Amore la
giovinezza. L’universale uscir fuori di sé delle cose si esprime senza un suono; le acque, anche loro, sono come in un sonno.

Diversa dalle feste degli uomini, qui c’è un’orgia silenziosa. Si direbbe che una luce sempre crescente faccia scintillare più e più gli oggetti; che i fiori inebrianti ardano dal desiderio di rivaleggiare con l’azzurro del cielo nella forza dei loro colori; e che il calore rendendo corposi i profumi li faccia ascendere verso il sole come fumi.

Eppure, in questo universale godimento, ho visto un essere angosciato.
Ai piedi di una Venere colossale, accucciato contro il piedistallo, levando verso la Dea immortale gli occhi che colavano lacrime, c’era un buffone: uno di quei dementi artificiali, di quei giullari gravati dal peso di far ridere i re quando Noia e Rimorsi li assediano, ingoffito in un costume ridicolo e chiassoso, imberrettato di corna e sonagli.
E i suoi occhi parlavano: “Io sono l’ultimo, il più solitario tra gli uomini, senza amici, senza amore, inferiore al più vile animale. E pure anch’io, anch’io sono creato per capire e sentire l’immortale Bellezza! Ah! Dea! Abbi pietà di questa mia tristezza, di questo mio delirio!”.

Ma l’implacabile Venere guarda lontano non so cosa con i suoi occhi di marmo.

[Charles Baudelaire, da Lo spleen di Parigi]