Evitare una terza ondata che sarebbe oltremodo drammatica e incrementare il piano vaccinale. Ma anche rafforzamento della medicina di prossimità nelle aree rurali più svantaggiate. In piena emergenza Covid abbiamo fatto il punto con l’assessore alla salute della regione Toscana Simone Bezzini.

Assessore Bezzini, come sono stati questi primi quattro mesi di emergenza, quali le difficoltà principali?

Tra dicembre e gennaio la curva è scesa, ma ora sta risalendo, e con essa i ricoveri. Inoltre, abbiamo registrato la presenza diffusa di varianti, quindi la preoccupazione è massima. Serve stringere sempre di più l’alleanza tra istituzioni e cittadini: le prime chiamate a fare il massimo e a mettere in campo soluzioni concrete, la popolazione a rispettare le regole e i comportamenti corretti. Solo unendo le forze possiamo uscirne insieme quanto prima. Va mantenuta bassa la curva del contagio, una terza ondata sarebbe tragica, da tutti i punti di vista.

Vaccini, quali saranno le prossime tappe e in quali tempi?

I vaccini per ora sono ancora (troppo) pochi, ma in Toscana nessuna dose di quelle che ci arrivano resta in frigorifero, se non per garantire una scorta di sicurezza per i richiami. Al momento sono quattro i filoni di vaccinazione in corso. Il primo è quello, iniziato il 27 dicembre, degli operatori sanitari e socio-sanitari e personale e ospiti delle Rsa, dove stiamo completando la vaccinazione degli anziani anche con i richiami. Il secondo è quello per la vaccinazione degli ultraottantenni, che vengono contattati dal proprio medico di famiglia per concordare date e ora del vaccino. Il terzo era quello con AstraZeneca (al momento sospeso ndr) che coinvolge le altre categorie indicate a livello nazionale con questo tipo di vaccino. Il quarto, appena partito, è quello rivolto alle persone estremamente vulnerabili, i soggetti più fragili della nostra comunità. Ringrazio tutti gli operatori del sistema sanitario toscano, i medici di medicina generale e tutti i soggetti coinvolti in questa grande impresa. Arginare la diffusione del virus è fondamentale anche per garantire il successo della campagna di vaccinazione, lo strumento più forte che abbiamo contro il Covid.

Nei mesi scorsi lei ha sottolineato come le risorse previste dal Recovery Fund per la sanità siano insufficienti. E’ ancora così?

No, per fortuna rispetto alle cifre decisamente insufficienti che circolavano all’inizio, pare che la rotta sia stata corretta, anche se bisognerà attendere l’esito finale della partita. È certo che la sanità dev’essere tra le priorità del Recovery Plan in termini di risorse, quello che stiamo vivendo ce lo dimostra ogni giorno. Il nostro sistema sanitario necessita di ingenti finanziamenti strutturali e non provvisori. Servono risorse e subito, bisogna realizzare interventi di edilizia sanitaria ammodernando gli ospedali e riqualificando le strutture, potenziare la prevenzione, le case della salute e la rete dei servizi territoriali, investire nella telemedicina e su innovazione, ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria. Vanno inoltre affrontate quelle che l’OMS definisce ‘le nuove epidemie’: le cronicità, la non autosufficienza, il disagio mentale, che riguardano le persone più esposte anche ai rischi e alle conseguenze dell’emergenza da Covid-19. Come Regione Toscana abbiamo fatto ampiamente la nostra parte, presentando a inizio novembre il nostro contributo al Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr): nove progetti, chiari e precisi, con relativi tempi di attivazione e fabbisogno finanziario. Ci tengo a sottolineare che siamo stati l’unica Regione italiana a presentare una proposta anche per la valorizzazione delle politiche per il personale sanitario.

Le aree rurali della Toscana soffrono in molti casi la carenza di servizi, anche in ambito salute: è ipotizzabile un rafforzamento della medicina di prossimità e dei presidi territoriali diffusi. Ed eventualmente, in che modo?

La medicina di prossimità è una della priorità del mio mandato, che sarà al centro degli stati generali della sanità, giustamente proposti anche dal presidente Giani, a cui daremo vita non appena l’emergenza sanitaria ce lo consentirà. L’obiettivo è quello di raggiungere un risultato in termini di equità e di omogeneità nella presa in carico degli assistiti, in particolare delle patologie croniche. Vanno poi potenziate, per numero e ruolo, le Case della Salute, viste anche in un’ottica di più sedi fisiche che lavorano in sinergia e non solo come unico edifico che li contiene tutti, esempio facilmente realizzabile in città ma impossibile nelle località a minor densità abitativa. Ciò significa istituzionalizzare un presidio distrettuale diffuso che deve trovare anche nuovi anche strumenti operativi quali la telemedicina, intesa come una rete ospedale-medici-territorio, per monitorare i pazienti, assisterli nelle malattie croniche e favorire la prevenzione. In questi ultimi mesi è stata forte l’azione sul territorio per il contrasto alla pandemia e queste risorse verranno riconvertite in chiave di rafforzamento della sanità territoriale una volta superata l’emergenza sanitaria.

Qual è il suo modello di sanità toscana, anche a livello di governance, per i prossimi anni e quante risorse dovranno essere investite?

Il rafforzamento della sanità territoriale sarà al centro del mio mandato. Nonostante una progressiva restrizione dei fondi per la sanità a livello nazionale, solo in parte corretta di recente, la Toscana ha garantito livelli di assistenza molto alti in tutte le aree, dall’ospedale, come testimoniano i numeri di ricoveri, agli ambulatori, dove le prestazioni nell’ultimo anno sono aumentate. Abbiamo poi utilizzato le risorse destinate all’assistenza farmaceutica garantendo il diritto di cura ai nostri malati, anche quelli più gravi. Da anni la Toscana è fra le Regioni più performanti nella valutazione della cosiddetta griglia LEA (livelli essenziali di assistenza), a dimostrazione che una sanità pubblica e di qualità è possibile. Inoltre, è stata ampliata l’offerta di prestazioni a carico della Regione, che in altre Regioni sono invece a carico dei cittadini, garantendo la gratuità delle prestazioni per i meno abbienti. Sulle liste d’attesa, tema che mi sta molto a cuore, nella fase finale della legislatura precedente è stato avviato un lavoro importante, purtroppo la pandemia non ha aiutato. Anche questo sarà sicuramente uno dei temi principali degli stati generali. C’è ancora molto da fare e siamo al lavoro, compatibilmente con l’emergenza sanitaria in corso. Le risorse ci devono essere e in misura adeguata, ma bisogna anche sapere come investirle nel modo giusto, evitando sprechi. Senza idee e progetti, le risorse non verranno mai utilizzate per produrre miglioramenti reali, a vantaggio della comunità.

Macro-ASL spesso con norme e attuazioni non omogenee: è possibile dare uniformità, e in che modo, per non creare una concorrenza sleale fra imprese?

La lotta alla pandemia ci sta dando una grande lezione di uguaglianza, non accetta disparità di trattamento. L’azione contro il virus o è comune o non serve, la salute di tutti dipende da ognuno di noi e siamo uniti sia nelle risposte sanitarie che nelle misure di contrasto. A fronte di alcune differenze preesistenti tra contesti e territori, la pandemia ha imposto al sistema sanitario di imparare un nuovo metodo di lavoro: le piattaforme regionali di servizio, a supporto del lavoro delle aziende. In questo modo le caratteristiche del servizio sanitario regionale sono diventate uniche per tutta la regione, in grado di garantire uno standard di alto livello per tutti. Ad esempio, se non ci fosse stata la piattaforma unica regionale per i tamponi, che garantisce le stesse regole di ingaggio a tutti i cittadini toscani, indipendentemente da dove vivono, forse avremmo avuto territori più svantaggiati di altri nel fronteggiare il virus, mentre così ogni toscano può prenotare il test per il giorno dopo allo stesso modo. Lo stesso vale per le centrali uniche di tracciamento, grazie alle quali ogni caso viene tracciato in modo completo, ma anche per la campagna di vaccinazione in corso.

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