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La prima bozza del decreto “Sostegno” prevede un aiuto generalizzato per tutte le imprese, comprese quelle della montagna italiana penalizzate dall’avvento della pandemia ed un ulteriore stanziamento di 600 milioni di euro per il comparto neve che più di ogni altro è stato danneggiato economicamente da una chiusura che tra pochi giorni per molte realtà arriverà a 24 mesi di durata.

Una notizia importante che giunge a pochi giorni dall’entrata in vigore del nuovo Dpcm che all’art. 19 prevede la definitiva chiusura della mai iniziata stagione invernale 2020/21.

Delle prospettive dell’economia della montagna, in questo ‘annus horribilis’ abbiamo parlato con Andrea Formento, presidente di Federfuni Italia, l’associazione che rappresenta circa il 30% delle aziende che gestiscono impianti di risalita in tutti i comprensori sciistici degli Appennini e, in importanti realtà delle Alpi come Bormio, oltre a stazioni nel Bergamasco, in Lombardia o Asiago oltre ed altre stazioni in Veneto, assumendo quindi una presenza diffusa e rappresentativa sul territorio nazionale.

Presidente, siete soddisfatti delle misure prese dal Governo?

Federfuni Italia esprime tutto il suo apprezzamento verso il Governo, e i ministri Garavaglia, Gelmini e Franco, per il proseguimento del percorso intrapreso con i sottosegretari Castelli e Misiani nel gennaio scorso e che produrrà risultati importanti in termini di tenuta economico e sociale di un importante parte del territorio italiano. Un importante riconoscimento anche rispetto all’attenzione che tutti i gruppi Parlamentari hanno dimostrato nei confronti dell’economia montana nel corso dei nostri incontri avvenuti a Roma la scorsa settimana.

Quali difficoltà avete incontrato nel far sentore la vostra voce? Il sistema montagna è pronto a parlare ad una voce sola o è ancora troppo frammentato?

Crediamo che ancora oggi ci sia la necessità di una forte coesione per superare i danni della mancata apertura degli impianti e per rimarcare la necessità di un immediato intervento a sostegno delle nostre imprese. Crediamo in un percorso unitario del “sistema montagna” che tenga presente il grande patrimonio sociale ed economico che sono gli operatori degli impianti sciistici che vanno dall’Appennino, alle Prealpi fino alle Alpi con realtà territoriali e amministrative diverse.

Ma per la nostra associazione è fondamentale rappresentare quelli che sono le esigenze e le peculiarità di stazioni che a causa del loro posizionamento geografico rimangono al di fuori delle regioni o province autonome Alpine che possono riscontrare nelle loro amministrazioni delle maggiori possibilità di intervento.

Su cosa avete lavorato in questi mesi così difficili?

In questi lunghi mesi ci siamo impegnati affinché si potesse raggiungere una unità di intenti tra gli operatori della montagna, e lo abbiamo dimostrato, nel momento della predisposizione di una proposta di linee guida per il settore, lasciando rivendicare condizioni che poi si sono dimostrate fin dall’inizio improponibili che hanno comportato di conseguenza un allungamento dei tempi di approvazione delle stesse.

Da parte nostra avevamo ben chiaro quello che poteva essere una proposta ritenuta accettabile dal CTS, e lo dimostra chiaramente il nostro documento del 27 ottobre. Proposte che poi si ritrovano nel documenti finale del CTS del 4 febbraio, ma in nome di una convergenza di posizioni dell’intero settore, abbiamo ritenuto necessario non arroccarsi su questi intendimenti seppure si siano dimostrati quelli opportuni.

Non potendo lavorare, cosa chiedete al Governo?

I nostri operatori, già discriminati dalla comparazione con il mese di aprile 2019 e 2020, apprezzando quanto è nell’intendimento del Governo, chiedono che nel decreto attuativo siano presi come riferimento i bilanci precedenti alle stagioni condizionate dal Covid-19 escludendo quindi quelle 2019-20  che hanno visto le prime chiusure locali e successivamente il blocco nazionale e naturalmente l’attuale mai iniziata e già finita e tenendo di debito conto anche di situazioni specifiche presenti nel settore. Lo abbiamo sempre detto, il primo ristoro sarebbe stato quello di lavorare, ciò non è stato possibile ed allora abbiamo ribadito questa nostra posizione.

Di quali aspetti si deve tenere conto?

Oggi occorrono interventi urgenti che non penalizzino nessun operatore o territorio, non dimenticando i nostri lavoratori, quelli stagionali, per i quali abbiamo ipotizzato diverse linee di intervento, e le altre realtà del turismo della montagna quali i maestri di sci, noleggiatori, guide, direttori d’esercizio, ristoratori e strutture ricettive ma anche gli impianti di risalita che non svolgono attività di trasporto pubblico locale anche se posizionati in territori non prettamente montani.

In questi giorni avete avuto interlocuzioni con i rappresentanti istituzionali. Siete rimasti soddisfatti di come le vostre istanze siano state ascoltate e recepite?

Abbiamo fatto proposte concrete per l’ottenimento di una proroga per le scadenze tecniche degli impianti. Proposte che sono state trasformate in emendamenti e che, dopo una riformulazione fortemente richiesta dalle strutture dirigenziali del ministero, hanno reso vano il nostro tentativo di vedere riconosciuto un primo importante provvedimento che senza costi gravanti sul bilancio dello Stato avrebbe comportato notevoli risparmi prima dell’inizio del prossimo inverno. Ma è certo che anche su questo argomento le nostre richieste saranno nuovamente ribadite anche in funzione di una semplificazione delle procedure burocratiche

Che appello si sente di fare al Governo e ai gruppi parlamentari che avete incontrato?

Chiediamo che si dia corso a quanto previsto nella bozza del Decreto “Sostegno” con tempi rapidi, con provvedimenti esecutivi equi e congrui che abbiano una ricaduta positiva sul settore evitando la naturale conseguenza di una catena infinita di chiusure di aziende e la relativa crisi sociale in questi territori, con l’immediato fenomeno dello spopolamento con tutte le disastrose ricadute anche ambientali e di dissesto idrogeologico che esso comporterebbe.