Sono 850 le donne con tumore al seno in Toscana candidate ogni anno al test genomico. La Regione infatti ha recentemente approvato la delibera che stabilisce la gratuità di queste analisi molecolari nelle donne con malattia in stadio iniziale a biologia incerta, che si trovano cioè in una sorta di zona grigia rispetto all’utilità della chemioterapia in aggiunta alla terapia ormonale dopo l’intervento chirurgico.
I test rappresentano un aiuto importante per il clinico, perché permettono di prevedere il rischio di recidiva e, quindi, di escludere la chemioterapia in aggiunta all’ormonoterapia, evitando inutili tossicità con risparmio di risorse. Dopo la delibera regionale (n.1432 del 23 novembre 2020), è molto forte l’attesa da parte delle pazienti per i provvedimenti necessari per sbloccare l’accesso ai test su tutto il territorio. In Italia solo Toscana, Lombardia e Provincia Autonoma di Bolzano ne hanno approvato la rimborsabilità. E proprio dalla Toscana è partito ieri il tour virtuale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) che prevede 8 incontri regionali, per sensibilizzare gli oncologi sul ruolo dei test genomici nel carcinoma della mammella. Il progetto è realizzato con il supporto incondizionato di Exact Sciences.
Bengala (AIOM Toscana): «il 50% dei casi il test consentirà di evitare la chemioterapia»
«Ogni anno in Toscana si registrano circa 3.400 nuovi casi di tumore del seno – afferma Carmelo Bengala, Coordinatore AIOM Toscana e Direttore UOC Oncologia Medica, Ospedale di Grosseto, Azienda USL Toscana Sud Est -. Il test è indicato per un particolare sottotipo di pazienti, quelle con tumore della mammella di tipo luminale, che esprime i recettori estrogenici ma non la proteina HER2 (ER+/HER2-), a rischio intermedio. Rientrano in questa popolazione 850 pazienti ogni anno nella Regione. E si stima che in circa il 50% dei casi il test consentirà di evitare la chemioterapia, con notevole riduzione della tossicità dei trattamenti e con consistenti risparmi, visto che questo esame costa 2mila euro e un ciclo di chemioterapia va dai 7 agli 8 mila euro. Come stabilito nella delibera regionale, per l’indicazione all’effettuazione del test le pazienti vengono individuate dai gruppi oncologici multidisciplinari all’interno della rete senologica della Toscana». Finora, nella Regione, il test genomico era eseguito solo in alcune strutture, a macchia di leopardo. Oggi, grazie alla delibera che ha stabilito la rimborsabilità, viene offerta la stessa possibilità a tutte le donne, indipendentemente dal domicilio.
Biganzoli (Breast Center ospedale Prato): «Nella malattia luminale a rischio ‘intermedio’, sussiste però una significativa incertezza terapeutica»
«Dopo la chirurgia, il trattamento sistemico prevede l’utilizzo della terapia ormonale nei casi considerati a basso rischio oppure l’aggiunta della chemioterapia adiuvante (cioè dopo l’intervento chirurgico) alla terapia ormonale, in presenza di un rischio elevato – sottolinea Laura Biganzoli, direttore Breast Center dell’Ospedale Santo Stefano di Prato -. Nella malattia luminale a rischio ‘intermedio’, sussiste però una significativa incertezza terapeutica, perché nelle linee guida internazionali e nazionali non vi sono indicazioni vincolanti su quando sia possibile omettere la chemioterapia o quando invece sia necessario somministrarla». L’Ospedale di Prato, inoltre, è il centro coordinatore di uno studio prospettico (POST) che coinvolge 300 pazienti provenienti da 11 centri senologici della Toscana. «Una meta-analisi di 7 studi indipendenti ha evidenziato che il risultato di un test genomico, Oncotype DX, può indurre una modifica dell’indicazione terapeutica fino al 37% dei casi e un recente studio condotto in Lombardia indica che questa percentuale può salire fino al 50% quando il test si applica a pazienti con tumori a rischio intermedio di recidiva – conclude la prof.ssa Biganzoli -. In questo studio vogliamo innanzitutto valutare la capacità di Oncotype DX di classificare a basso o alto rischio di recidiva pazienti con carcinoma mammario che viene definito a biologia incerta sulla base di criteri clinico-patologici standard. Tra gli obiettivi secondari, vi è quello di valutare la percentuale di casi di neoplasia a comportamento biologico incerto in cui il risultato del test determina una scelta terapeutica differente rispetto all’iniziale orientamento del clinicoÌ».