Alle fine il ministro dell’ambiente Sergio Costa è dovuto intervenire personalmente sulla questione della costruzione del Deposito nazionale per lo smaltimento delle scorie nucleari, e fare chiarezza. Lo ha fatto con un lungo post sul suo profilo Facebook in cui tiene a precisare che in questi giorni, da quando cioè la Carta dei siti potenziali è stata svelata, sono iniziate a circolare molte fake news. Tutto vero.
Come spesso accade in questi casi in cui la sovraesposizione di una notizia è più grande della notizia stessa, il rischio che si possa generare il ‘chiacchiericcio’ da bar è reale. E con il ‘chiacchiericcio’ le fake news. Ma sarebbe tuttavia riduttivo fermarsi a questa prima lettura. In tutta questa vicenda c’è stato un vulnus nella comunicazione iniziale del progetto per cui nessuno, né da Sogin né dai ministeri, ha precisato o chiarito, una volta data in pasto la notizia al mondo intero, che il Deposito alla fine sarebbe stato uno e non 67, ritenendolo ormai assodato. Decisamente un errore, così come leggerezza vi è stata da parte degli organi di informazione nel non approfondire fin da subito gli aspetti tecnici del progetto. C’è però un altro aspetto su cui il ministro insiste e che merita un approfondimento. E riguarda la questione dei siti Unesco. Tecnicamente è pur vero che tra i criteri di esclusione vi erano siti patrimonio dell’umanità e zone particolarmente protette come i Parchi nazionali e che nessun dei 67 siti si trova in queste aree. Ma allora il corto circuito sul territorio di Pienza-Trequanda scelto come potenziale sito come e dove è nato? Oppure il ministro ci sta dando la conferma che si sia trattato di un grave errore e che tra due mesi, allorché avremo la Carta definitiva con i siti scelti, la provincia di Siena sarà esclusa?