Non bisogna girarci troppo intorno. La vicenda della indicazione di Pienza e Trequanda quali possibili sedi “idonee” per depositi di scorie nucleari è tutta politica. Anzi, è l’assenza della politica che ha causato questo pasticcio e ora la politica deve trovare il modo di uscirne.
Intendo la rappresentanza di questa parte della Toscana, da troppo tempo marginalizzata e ritenuta solo luogo adatto per scampagnate fuori città e buen retiro per vip. Il sud della provincia di Siena, infatti, oltre a essere bellissimo da un punto di vista paesaggistico, ambientale, storico e artistico, non ha nessun peso specifico sul piano politico perché pochissimo abitato.
Tra i due Comuni interessati non si arriva forse ai 2.500 residenti, più o meno come una strada poco abitata di Roma o Milano. E tuttavia quelle poche anime si trovano ad essere fieri custodi e protettori di un territorio unico, che l’UNESCO protegge come patrimonio dell’umanità non una, il che sarebbe di per sé un grande valore, bensì due volte!
Eppure, qualcuno, coperto fino all’altro ieri dal segreto di Stato (anche se sembra più un segreto di Pulcinella visto che la vicenda si trascina da anni ormai), sulla base di valutazioni geologiche e ambientali, lo ha ritenuto “idoneo” a conservare al fianco della città ideale voluta da Pio II, alle opere del Rossellino, alle pievi romaniche, ai borghi medievali, anche le scorie nucleari prodotte dalla nostra società avanzata. Ma perché?
Semplice, perché non c’è più la Politica.
Intendiamoci, ogni zona d’Italia ha le sue caratteristiche di pregio, la sua storia e il paesaggio da tutelare e difendere. Ma senza cadere nella sindrome Nimby (ovunque purché non nel mio giardino) qui bisogna capire come sia stato possibile indicare quest’area che dal dopoguerra non è stata sfiorata dal boom economico, non ha conosciuto la devastazione delle fabbriche e della cementificazione fino ad essere considerata anche dall’allora Comunità Europea come zona depressa, quale depositaria delle scorie della società evoluta e post industriale.
Per decenni la provincia ha avuto una rappresentanza nei movimenti della sinistra, comunisti socialisti e perché no democristiani, che in nome dello sviluppo rurale ne erano a buon diritto i rappresentanti. Niente si sarebbe mosso senza il loro consenso preventivo e niente questi avrebbero deciso senza prima aver informato il territorio. Oggi, invece, non è più così. E i territori si trovano ogni volta soli contro le decisioni, anche ipotetiche, prese altrove senza il loro consenso. Con i politici che non si sa che ruolo abbiano svolto.
Ricordo a titolo di esempio quello che accadde, ormai 20 anni fa, con il progetto della centrale a biomasse a Serre di Rapolano, o quello che è accaduto nel 2018 a Chiusi con il progetto di un carbonizzatore per i fanghi industriali. La politica ha sempre avuto un ruolo che definire ambiguo è farle un complimento. Sono stati semmai i cittadini, le associazioni spontanee, i comitati, a fare muro e impedire che certi “investimenti” ricadessero sul territorio.
Purtroppo, bisogna dirlo, con la crisi della sinistra in atto (da trent’anni a questa parte) questa terra fatica a trovare una nuova rappresentanza che la tuteli, mentre a valorizzarla ci pensa, per fortuna, da sola.
Aver tolto ogni ruolo e autorevolezza alle Province (riforma voluta dal 2016 dall’allora premier Renzi) ha indebolito questo territorio più di altri e ora i sindaci dei piccoli centri si trovano a difendere con armi spuntate ogni tentativo di aggressione dall’esterno (forse con qualche complicità e connivenza interna). Molto distratta appare purtroppo la Regione, basta leggere il commento di Giani per capirlo o il goffo tentativo del consigliere Scaramelli di raccolta firme avviato ieri (mentre non lo ricordo così lesto nella vicenda della sua Chiusi nel 2018).
Questo è il vero punto politico di una brutta vicenda che apre il 2021 e il cui finale deve ancora essere scritto.
Con gente in Parlamento come Riccardo Margheriti, Loris Scricciolo, Alberto Monaci, e anche Rosi Bindi, Fabrizio Vigni o lo stesso Luigi Dallai sono convinto che questo tipo di pericolo non si sarebbe corso. Ma oggi non è così. Mentre in Parlamento di senesi da tre legislature siede solo Susanna Cenni, brava a intervenire sempre a cose fatte e che ogni volta sembra caduta dal pero.
Peraltro, Pienza e Trequanda sono comprese in uno strano collegio elettorale che comprende il sud della provincia di Siena e alcuni comuni aretini e che ha espresso a Roma nel 2018 il senatore Riccardo Nencini (suo un post poco convinto sulla vicenda) e l’ex Carlo Padoan che, forse, a Pienza e Trequanda non c’è mai stato. Per sostituirlo con le prossime elezioni suppletive si fanno tanti nomi nell’ambiente PD ma mai di un senese, l’ultimo più accreditato per usare questo territorio come trampolino per Roma e contentino per il mancato assessorato è l’ex Vincenzo Ceccarelli, aretino.
Non sarà allora il caso di correre al più presto ai ripari e non lasciare soli i sindaci di fronte a questa nuova emergenza? E magari pensare seriamente a far crescere una classe dirigente locale in grado di essere valida rappresentanza di un territorio unico, fragile, marginale forse, ma che merita di essere tutelato e conservato?
A riprova di quello che scrivo sempre ieri a Roma avrebbero deciso uno spezzatino dell’azienda più importante di Siena, della sua provincia e dell’intera Toscana, banca Mps. Come sempre nell’inconsapevolezza e nel silenzio dei rappresentanti locali. Non sono forse due facce della stessa medaglia?