Scoperta dalla Guardia di Finanza di Cecina (Livorno) una presunta frode fiscale che sarebbe stata realizzata grazie a fatture per operazioni inesistenti, emesse o utilizzate, per oltre 93 milioni di euro, con un’evasione di Iva di circa 16 milioni. Sono 22 le persone indagate per dichiarazione fraudolenta, 3 per riciclaggio e 2 per autoriciclaggio del denaro che per le fiamme gialle sarebbe stato illecitamente accumulato grazie all’evasione fiscale. Già disposti dal Gip di Livorno ed eseguiti sequestri preventivi di beni per 6,3 milioni di euro. Le indagini, spiega la Gdf, sono partite da controlli a un «modesto negozio di articoli ortopedici» del Livornese, «piccola Srl che, in pochi mesi, ha però visto ‘lievitare’ i propri acquisti da 100 mila a 15.000.000 di euro», arrivando poi a individuare un centinaio di imprenditori di varie regioni, che sarebbero coinvolti nella presunta frode.
Due fasi L’inchiesta, partita nel 2018, si è sviluppata in due fasi: la prima ha portato alla scoperta, nota la GdF, di «un pernicioso sistema di compensazioni di debiti tributari accollati da 10 soggetti tra Roma, Piedimonte Matese (Caserta) e Civitavecchia con, al centro, in qualità di accollante, la Srl del Livornese la quale vantava un credito Iva per 3,2 milioni di euro giustificato però dall’utilizzo di 15 milioni di euro di fatture false ricevute nel 2017 per un simulato acquisto di un capannone in Carsoli (Aquila). Il tutto con l’ausilio di tre consulenti fiscali in provincia di Roma». La seconda fase ha «messo in luce un reticolo di ‘scatole vuote’ e rapporti soggettivamente inesistenti su tutto il territorio nazionale, sempre finalizzato all’evasione» dell’Iva, con ancora coinvolta la Srl del Livornese, che avrebbe poi spostato la sede a Bari, cambiando denominazione e dichiarando di esercitare la compravendita oltre che di articoli ortopedici, anche quella del pellet.
Indagati e sequestri Circa 600mila euro, parte dei 16 milioni di euro di Iva evasa, scoperti dalla Guardia di finanza, sarebbero stati «autoriciclati» mediante trasferimento in un portafoglio digitale o wallet, per l’acquisto di criptovalute, gestito da una società londinese «molto nota nel settore». Principale indagato dell’operazione, denominata ‘Confusion’, è indicato nell’amministratore di fatto della Srl del Livornese: originario di San Vincenzo, con domicilio a Bergamo e residenza anagrafica in Romania, gli sono contestati i reati di frode fiscale, occultamento o distruzione di documenti contabili, indebita compensazione e autoriciclaggio. Tra le altre persone coinvolte a vario titolo amministratori o legali rappresentanti di società filtro o ‘cartiere’ sparse tra Lazio, Veneto, Lombardia e i tre consulenti romani per l’indebita compensazione. Deferite, con l’accusa di riciclaggio, anche la moglie e la madre del principale indagato. Riguardo ai circa 100 imprenditori coinvolti nella presunta frode, sono stati segnalati a 60 diversi reparti della Gdf per il recupero delle pendenze tributarie indebitamente compensate. Tra i beni sottoposti a sequestro preventivo figurano tre terreni agricoli a Velletri, sette tra negozi e capannoni industriali sempre a Velletri e a Paliano (Frosinone) e disponibilità finanziarie. Tra gli immobili sequestrati ne figurano tre, del valore commerciale di 1,4 milioni, ricondotti a uno dei commercialisti indagati ancorché ‘schermati’ da una società britannica, una Ltd con sede a Londra.