Firenze non dimentica: nonostante l’impossibilità di ritrovarsi tutti insieme per strada e in piazza o in una sala conferenze, nonostante l’emergenza sanitaria che costringe le persone a stare ancora distanti. Non dimentica la Regione e tutta la Toscana, che martedì 26 maggio, assieme all’Associazione ‘Tra i familiari delle vittime della strage dei Georgofili’, con la collaborazione dei Comuni di Firenze e San Casciano in Val di Pesa, ricorderanno quel boato che ventisette anni fa, nel 1993, sconquassò la città in una tranquilla notte di maggio ed uccise cinque persone ferendone 41 e devastando un angolo del centro storico: via dei Georgofili e la Torre de’ Pulci.
Il programma Dalle 9 della mattina del 26 una serie di video con interventi istituzionali e dei rappresentanti delle associazioni di vittime di terrorismo e di mafia si susseguiranno uno dietro l’altro. Le testimonianze sono state raccolte dalla Regione Toscana e i video saranno pubblicati, oltre che sul nuovo sito e sui social dell’associazione dei familiari, anche sul sito di Toscana Notizie, l’agenzia di informazione della giunta regionale. Poi, nella notte tra martedì e mercoledì, a mezzanotte e mezzo, la commemorazione proseguirà con la diretta facebook da via dei Georgofili e la deposizione, alle una e quattro minuti, l’ora esatta in cui la bomba scoppiò, di una corona di fiori. La mattina dopo l’appuntamento, come al solito, si sposterà al cimitero della Romola, frazione del Comune di San Casciano in Val di Pesa, sulla tomba della famiglia Nencioni: anche in questo caso una cerimonia con poche persone, diretta facebook e videomessaggi.
L’assessore Bugli: «Per combattere le mafie servono sensibilità e conoscenza diffusa» «La strage dei Georgofili ha fatto da spartiacque nella vita di Firenze e anche in quella del nostro Paese – ricorda l’assessore alla Legalità della Toscana Vittorio Bugli-. Allora si aprì una ferita che forse non si richiuderà mai ma che, almeno in Toscana, ci ha insegnato nuovi modi per combattere il terrorismo e la criminalità organizzata. Accanto all’azione della magistratura e delle forze dell’ordine abbiamo infatti creduto ed imparato che fosse necessario agire sulla diffusione della cultura democratica e sulla conoscenza dei fenomeni mafiosi, per essere in grado di riconoscerli alle prime avvisaglie e combatterli nel modo più efficace possibile. Per combattere la criminalità organizzata – conclude Bugli – servono bravi magistrati, intelligenti e decisi ad andare fino in fondo: come Giovanni Chelazzi, che quest’anno, il 17 aprile, non abbiamo potuto ricordare come al solito presso il tribunale di Firenze. Come anche, per rimanere in Toscana, Vigna, Nicolosi, Crini e Caponnetto. Per combattere le mafie servono però anche sensibilità e conoscenza diffusa».