Una modifica della legge nazionale che consenta la realizzazione di un divisorio tra i posti dietro e lo spazio riservato al tassista, così come accade in altre città del mondo. Parte da Firenze una richiesta importante e che arriva al Parlamento per garantire maggiore sicurezza a chi garantisce un servizio pubblico 24 ore su 24, sette giorni su sette. A presentare la proposta di legge il capogruppo della Lega Salvini Firenze, Federico Bussolin, il consigliere della Lega Salvini Firenze e presidente del 4390 Taxi Firenze Luca Tani, il segretario provinciale della Lega Alessandro Scipioni, il presidente nazionale Uritaxi Claudio Giudici, la figlia del tassista Gino Ghirelli, deceduto a seguito di percosse subite durante il suo lavoro, Silvia Ghirelli, la Senatrice della Lega Tiziana Nisini.
Tani: «Lavoro con rischi importanti» «Il lavoro del tassista è un lavoro che si svolge in strada e ci sono dei rischi importanti per coloro che svolgono questo servizio. Dobbiamo lavorare per diminuire il numero delle casistiche di aggressioni che avvengono all’interno delle vetture. Chi guida il taxi – ha spiegato il consigliere Tani – può essere ostaggio del malintenzionato perché non conosciamo la destinazione della corsa. Avere un divisorio tra i passeggeri di dietro ed il tassista aiuterebbe. Ci sono stati, negli ultimi anni, un numero crescente di aggressioni. Un accoltellamento in piazza Tasso, un tentato furto con un cacciavite alla gola di un tassista che era stato portato fino in zona Casine e che ha rischiato anche il furto dell’auto ed altri fatti spiacevoli come l’aggressione che ha portato poi alla morte Gino Ghirelli. La proposta di legge nazionale può garantire alcune sicurezze a chi guida il taxi».
La testimonianza Silvia Ghirelli, figlia di Gino, è tornata a ricordare la triste vicenda che ha visto vittima il padre. «Non so se un divisorio tra i passeggeri e mio padre avrebbe evitato la tragedia anche perché l’aggressione è avvenuta fuori dalla macchina – ha ricordato – però credo che aiuterebbe i tassisti che sono sempre una categoria vulnerabile. Non ci siamo sentiti abbandonati, né dagli amici tassisti né dalle istituzioni durante tutto il percorso che ha portato poi alla morte di mio padre. Gli ex colleghi del babbo però ci hanno fatto sentire parte di un’unica famiglia».