Il dissenso silenzioso c’è e si manifesta con lenzuola appese ai balconi e alle finestre delle abitazioni con solo due parole “No carbonizzatore”. E poi ci sono le riunioni e gli incontri pubblici in cui il dissenso diventa rumore e si trasforma in fischi e parole all’indirizzo di chi parla, illustrando un progetto che nel corso del primo incontro di sabato, dell’Inchiesta Pubblica promossa della Regione Toscana sul progetto Acea, si è manifestato pieno di lacune.
Il dietrofront del sindaco di Chiusi Teatro della vicenda è Chiusi, zona scelta dalla multiservizi attiva nella gestione e nello sviluppo di reti e servizi nei settori dell’acqua, dell’energia e dell’ambiente per la realizzazione di un carbonizzatore nell’area del centro carni «un impianto di recupero con una capacità di trattamento pari a 80mila tonnellate annue di fanghi di depurazione, Sarà il primo in Italia e il più grande d’Europa». Questo nelle intenzioni, ma il percorso al suo primo round sembra già avere il destino segnato, se alla fine del suo intervento il sindaco di Chiusi Juri Bettollini da sempre sostenitore del progetto Acea, ha dichiarato che «non ci sono le condizioni perché il Consiglio comunale approvi la variante per la realizzazione dell’impianto di trattamento dei fanghi». Infatti «nessuna delle osservazioni dei sedici enti e soggetti interessati ha fornito elementi tranquillizzanti».
I 4 camini “spariti” Elementi tranquillizzanti che non sono giunti nemmeno sabato durante l’illustrazione alla cittadinanza del progetto da parte dei tecnici di Acea al Teatro Mascagni di Chiusi: nel rendering dell’impianto che Acea vuole realizzare a Chiusi non compaiono i 4 camini che invece sono previsti ed erano stati annunciati in fase di comunicazione del progetto. E questo ha convinto ancora di più i tenaci sostenitori del “No Carbonizzatore” che Acea ha qualcosa da nascondere. E che non è vero che l’impianto sarà a emissioni zero. E poi bisogna considerare i circa 5 mila mezzi tra camion e cisterne che transiterebbero in questa zona per scaricare i fanghi. Nel lungo percorso che ha portato all’incontro di sabato il Comitato A.RI.A. (Azione per il RIspetto dell’Ambiente) contrario al progetto ha commissionato uno studio che evidenzia come le tecnologie che sarebbero usate per la realizzazione dell’impianto sono antiquate e testate principalmente in laboratorio.
Richiesta di dimissioni del sindaco Tra le prime reazioni all’incontro di sabato quella della lista “Possiamo-sinistra per Chiusi”: «Da quanto emerso sabato ormai viene meno ogni tipo di fiducia verso questa amministrazione e la società Acea che non appaiono più credibili e coerenti, nonostante le rassicurazioni e garanzie che potranno venir fuori dal prosieguo del procedimento. Riteniamo pertanto necessario un passo indietro da parte del Sindaco stesso, poiché non rappresenta più la comunità che lo ha eletto. Chiediamo quindi formalmente le sue dimissioni». A chiedere le dimissioni del sindaco è anche il capogruppo della minoranza del Consiglio Comunale di Cetona, Antonello Niccolucci: «Si visto in modo evidente che il Sindaco di Chiusi non ha più la rappresentatività dei propri cittadini. Rammento, quindi, ai cittadini di Chiusi che, ai sensi dell’art. 16 del loro Statuto Comunale possono riprendersi la propria sovranità e chiedere un referendum popolare sull’argomento, essendo sufficienti solo 500 firme per la richiesta, ai sensi dell’art. 18 dello stesso Statuto. Se il Sindaco di Chiusi avesse una minima sensibilità istituzionale dovrebbe indire lui stesso il referendum. Se il Sindaco di Chiusi avesse una media sensibilità istituzionale dovrebbe non autorizzare il carbonizzatore. Se il Sindaco di Chiusi avesse una alta sensibilità istituzionale oltre a non concedere l’autorizzazione dovrebbe chiedere scusa a tutti e dimettersi».
«Il progetto sia illustrato in Commissione Ambiente» Il consigliere regionale Paolo Marcheschi (Fdi) in una nota chiede che «il progetto venga illustrato in Commissione Ambiente. Vogliamo renderci conto dell’impatto sul territorio, sulla salute dei cittadini e sulle ricadute economiche previste per i toscani. Questa regione sconta l’atavica mancanza di impianti per lo smaltimento di fanghi biologici delle acque reflue urbane, una clamorosa e miope mancanza di programmazione da parte della Giunta Rossi, che nel 2018 portò allo sciopero delle ditte di auto spurgo che tutt’oggi sono costretti ad operare in deroga. La Regione, invece di fare vari impianti piccoli di vicinanza, come reclamato dai produttori, privilegia mega-progetti di investitori che arrivano da fuori regione che, anche in questo caso come accaduto per le infrastrutture e i trasporti, si appropriano dei servizi pubblici dei toscani i cui soldi che, tramite Acea Ambiente, andranno a Roma e in Francia».