L’Italia del dopoguerra con la sua aria stanca e le sue ferite ma anche con la voglia di riscatto e ritorno alla normalità di migliaia di uomini, donne e bambini. E’ lo scenario in cui Enrico Piaggio ha l’intuizione vincente: creare un mezzo di trasporto piccolo, robusto, agile ed economico, capace di rilanciare la mobilità dando impulso alla ripresa della vita economica e civile del Paese. Nasce così la mitica Vespa, la due ruote più venduta, che ha reso Pontedera e la Piaggio simboli del made in Italy ben oltre i confini nazionali.
Il film Martedì 12 novembre su Rai Uno in prima serata andrà in onda il film “Enrico Piaggio. Il sogno italiano” con Alessio Boni nel ruolo di Enrico Piaggio, affiancato da Enrica Pintone nei panni della moglie Paola Piaggio, Roberto Ciufoli nelle vesti del genio progettista Corradino D’Ascanio, cui Enrico Piaggio si rivolge, Francesco Pannofino in quelle del banchiere senza scrupoli Rocchi Battaglia, e con la partecipazione straordinaria di Violante Placido nel ruolo di Lidia Rivelli. Il film è prodotto da Rai Fiction e Movieheart, con la regia di Umberto Marino ed è un progetto realizzato nell’ambito del programma Sensi Contemporanei Toscana per il Cinema.
Boni: «Piaggio era un visionario, un pioniere» Il film comincia nel 1945 quando la fabbrica di Pontedera è in macerie, e Piaggio avverte la responsabilità di creare nuovo lavoro: dodicimila sono infatti gli operai che vi erano impiegati e che sono condannati alla disoccupazione e alla miseria. Fino ad allora lo stabilimento di Pontedera si era dedicato all’industria aeronautica, dopo la guerra la svolta. «Piaggio era un autentico visionario, un pioniere» dichiara Boni, parlando del suo personaggio. Un imprenditore che comprende che la gente ha bisogno di muoversi. Quando inventa la Vespa, Piaggio pensa prima alle donne e ai preti che hanno l’abito talare. Poi si inventa le rate per il pagamento. Quindi convince i produttori e il regista di Vacanze Romane con protagonisti Gregory Peck e Audrey Hepburn, che secondo i piani avrebbero dovuto spostarsi per Roma su un calessino, ad utilizzare la sua Vespa. E fu subito successo in America e nel mondo.
Il regista: «Vicenda umana di Piaggio, ma anche le sue fragilità» «Ho sempre visto quel momento (il dopoguerra, ndr) come un’onda che si gonfiava e portava il benessere in un paese povero e provinciale – spiega il regista Marino – , un’onda che ha permesso alle generazioni successive (in primo luogo alla mia) di studiare, di evolversi, di viaggiare, di conoscere le lingue. Piaggio è stato uno di quelli che quell’onda l’ha cavalcata come un abile surfer. Uno che ha inventato una cosa che serve, ma che contemporaneamente crea status, aspettative, sogni. Molto prima di Apple, molto prima dei testimonial e degli influencer. Nel mettere in scena la sua vicenda umana e industriale, però, ho cercato di rappresentare la parte privata, i sentimenti, le fragilità di un uomo all’apparenza duro e scabro. L’amore per la donna della sua vita, l’adozione della figlia di lei, i rapporti con i dipendenti».
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