Il 29 settembre 1975 Angelo Izzo, a soli vent’anni, aiutato dai coetanei Andrea Ghira e Gianni Guido, compie uno dei delitti che più profondamente si sono impressi nelle coscienze degli italiani: il massacro del Circeo. Ancora oggi, chi nel 1975 era già nato e lo sente soltanto nominare, rabbrividisce e riporta alla memoria il turbamento di un intero Paese di fronte a un evento così assurdo. Presentato in prima nazionale sabato 9 marzo alle 21,15 e domenica 10 marzo ore 16,30 al Teatro Manzoni/Teatro delle Donne di Calenzano (Firenze), “Circeo, il massacro” racconta quella società e quelle tensioni che si riverberavano nella vita di tutti i giorni e che, con un gioco al rialzo, arrivarono a permettere che certi fatti straordinari accadessero. Scritto da Filippo Renda e Elisa Casseri, “Circeo, il massacro” vede in scena gli attori Michele Di Giacomo, Alice Spisa, Arianna Primavera, Luca Mammoli. Regia di Filippo Renda, aiuto regia Matteo Gatta.
Lo spettacolo Si riflette specularmente sulla nostra società, in cui tensioni molto simili non sfogano più solo sulla violenza di genere, ma anche su quella contro lo straniero. Basta scorrere le cronache degli ultimi dodici mesi per rendersi conto che la violenza e il sadismo sono già in circolo e che si arriva ormai a reagire con indifferenza davanti a certe dichiarazioni che incitano all’odio e al razzismo: occorrerà un nuovo massacro per scioccare e risvegliare le nostre coscienze? «Raccontare il massacro del Circeo per cercare di capire cos’è la violenza ma senza mettere in scena quella specifica violenza né i suoi protagonisti: è stata questa la premessa che ha portato alla scrittura di un testo che, nonostante abbia le sue radici negli atti di uno dei processi giudiziari più famosi di questo paese, drammaturgicamente si muove intorno a un altro tipo di processo, quello di negazione – spiega Elisa Casseri –. L’idea è che Donatella Colasanti per difendersi dalla morbosità, dalle domande, dal reiterarsi dei ricordi all’interno della sua testa, immagini una storia qualunque, quasi da fotoromanzo, di due giovani in una villa al mare, in vacanza, che discutono, scherzano, litigano, si amano. Quella è la scena principale: una storia qualunque, appunto, per raccontare come la violenza arrivi nella vita, nel corpo e nella testa di tutti noi, anche quando neghiamo a noi stessi che stia succedendo o che sia successo. E la violenza arriva, sottile, nutrendosi dei ricordi e dei particolari di quel massacro, perché è Donatella Colasanti che la sta immaginando, cercando di camuffarla da altro. Il punto centrale, nella scrittura di questo testo, è sempre stato non la violenza nella sua straordinarietà, quando si manifesta in eventi mostruosi come quello del Circeo, ma la sua normalizzazione all’interno del quotidiano, dove si mescola all’aria che respiriamo fino (quasi) a non farsi vedere più».