“Siete favorevoli all’istituzione del Comune delle Crete Senesi, per fusione dei Comuni di Asciano e Rapolano Terme, di cui alla proposta di legge regionale d’iniziativa popolare n. 5?”. Sarà questa la domanda cui dovranno rispondere i cittadini dei Comuni interessati, presto chiamati alle urne per esprimere gradimento o meno alla proposta di legge sottoscritta da 2.718 firme, di cui 1.409 di cittadini residenti nel Comune di Asciano e 1309 nel Comune di Rapolano. Lo ha deciso a maggioranza il Consiglio regionale.
Il presidente dell’assemblea, Eugenio Giani, in apertura di dibattito ha segnalato la delicatezza del tema, sul quale molti sindaci e altri soggetti hanno sollevato obiezioni. La denominazione scelta per il comune che nascerebbe dalla fusione, Comune delle Crete Senesi, fa infatti riferimento a un’area territoriale molto più estesa. Per questo il Consiglio regionale, nell’impossibilità di intervenire in questa fase, eserciterà tutte le sue prerogative nella fase successiva.

E’ stato il presidente della commissione Affari istituzionali, Giacomo Bugliani (Pd), ad illustrare la proposta di legge per l’istituzione del nuovo Comune, che avrebbe una popolazione di 12.381 abitanti e il sindaco sarebbe affiancato da una giunta di cinque assessori, con un consiglio comunale di sedici consiglieri. La sede sarà ad Asciano, che ne diventa capoluogo, mentre a Rapolano Terme sarà istituito un Municipio, dove si riunirà anche il Consiglio comunale. Ad Arbia e Serre di Rapolano saranno decentrati una parte degli uffici comunali. Il presidente Bugliani ha poi riassunto il lavoro istruttorio svolto dalla commissione, con  l’audizione del comitato promotore, sulle ragioni che hanno spinto ad avviare il percorso di fusione, e dei sindaci dei due comuni interessati. Mentre il sindaco del comune di Asciano ha espresso un parere decisamente favorevole, perplessità sono state sollevate dal sindaco del comune di Rapolano Terme, il quale ha presentato una mozione del Consiglio comunale nella quale si chiedeva di giungere alla fusione solo nel caso di una vittoria del sì in entrambi i comuni. Sono stati sentiti rappresentanti del Comitato del No, che hanno depositato una raccolta di circa 1500 firme contrarie, ed i sindaci di Montalcino e Monteroni d’Arbia, tutti perplessi sulla scelta del nome. «Il quesito referendario non può che essere quello della proposta di legge su cui sono state raccolte le firme – ha rilevato Bugliani –. Rimane successivamente la possibilità per il Consiglio di intervenire con emendamenti sulla proposta di legge». In questa prospettiva, ha precisato, è stato presentato un ordine del giorno con l’impegno politico a tenere conto della volontà espressa dai cittadini con il voto e delle eventuali determinazioni assunte dai Consigli comunali successivamente al referendum. Sarà fatta, inoltre, un’attenta valutazione sulla opportunità di modificare la proposta di legge nella parte relativa alla denominazione, previa consultazione con  le istituzioni locali interessate. «Non vuole essere un atto di imposizione – ha concluso Bugliani – ma la modifica deve essere concertata con le istituzioni locali».

Il dibattito in aula «La normativa mostra gravi falle e causa guazzabugli come questi» ha rilevato Marco Casucci (Lega), ricordando di aver chiesto da tempo una sua revisione. A suo parere la richiesta di un voto favorevole in ciascuna comunità coinvolta non può trovare risposta in un ‘ordine del giorno fumoso’. Non è stato inoltre garantito un adeguato percorso partecipativo. Per questo il gruppo ha deciso di non partecipare al voto. «Alla base dell’iniziativa c’è un’idea precisa del nuovo comune – ha osservato Gabriele Bianchi (M5S)  – Si sa già dove saranno sedi ed uffici, mentre le due amministrazioni non solo condividono i centri sanitari, ma lo stesso piano strutturale». A suo parere le perplessità manifestate sul nome possono essere facilmente superate, vista la disponibilità manifestata in tal senso dal comitato promotore. Per questo ha annunciato il voto favorevole del gruppo, anche sull’ordine del giorno. «Il programma di governo del Pd prevede un forte incentivo alle fusioni. E’ un indirizzo politico generale e contiene un principio importante – ha ricordato il capogruppo Leonardo Marras  – Quando le comunità propongono un progetto di fusione, si misurano come un’unica comunità. Per questo è stato fissato un tetto aggravato del 66%. Questo non pregiudica una valutazione politica del referendum, che rientra nelle nostre competenze esclusive, come afferma la Costituzione. La soglia serve ad escludere tentativi di annessione». Marras ha poi sottolineato che il problema della denominazione è delicato, al punto da spingere a fare una riflessione sull’opportunità di una modifica legislativa. Non solo, ma anche sulla possibilità di chiamare di nuovo i cittadini ad esprimersi. «E’ un referendum nato malissimo, con firme richieste per dare vita ad un comune con un nome sbagliato sotto tutti gli aspetti” ha affermato Tommaso Fattori (Si-Toscana a sinistra), sottolineando la necessità di una revisione della normativa, che introduca il principio della ‘metà più uno’ in ciascuna comunità. “E’ un errore pensare che esista una comunità prima che sia stato fatto il referendum – ha osservato –. E’ una comunità quella cui si aspira, ma ci sono tante comunità quante i comuni chiamati ad esprimersi». La consigliera Serena Spinelli (Art. 1/Mdp)  ha annunciato il voto di astensione sulla delibera di indizione del referendum. «Vorrei rispettare la volontà dei cittadini che hanno sottoscritto la proposta – ha detto – ma non posso farlo fino in fondo, perché hanno scelto un nome che è complicato da accettare per evidenti ragioni. Avremmo dovuto esercitare il nostro ruolo, perché ci assumiamo la responsabilità di celebrare comunque il referendum». Spinelli ha poi annunciato il voto favorevole sull’ordine del giorno. «La responsabilità politica di rinominare un territorio è eccessiva – ha però osservato – C’è il tempo per chiedere di nuovo ai cittadini il loro parere prima del 2019». «Dobbiamo rimettere mano alla normativa. Abbiamo messo in moto una macchina, che va in direzione diversa da quella originaria. Serena Spinelli ha ragione» ha dichiarato Paolo Marcheschi (FdI). A suo parere le fusioni non possono essere uno strumento politico alla vigilia delle consultazioni elettorali, ma uno strumento al servizio delle istituzioni e della loro efficienza.«Quello che passa oggi in aula è inconcepibile. Ci stiamo facendo prendere la mano. Meglio una moratoria» ha dichiarato annunciando la propria non partecipazione al voto.