Per Massimo Sportelli la qualità migliore che deve avere chi guida Siena di questi tempi è l’ascolto. La città del Palio, vista dalla prospettiva del dibattito politico elettorale in atto, appare sempre più ad una seducente donna, ma dalle vesti stracciate, consumata da notti insonni, fatte di bagordi o brutti pensieri. Una donna che Sportelli vorrebbe considerare figlia, perché è così che l’amministrazione comunale dovrebbe considerare la città, come una figlia «da difendere e crescere nel migliore dei modi», perché la realtà è «amareggiata e vogliosa di scuotersi dalla polvere da cui è stata ricoperta». L’avvocato Sportelli avrà anche valutato che la qualità di ascoltare a Siena di questi tempi manca e perciò ha deciso di scendere in campo candidandosi alla guida della città. L’ha fatto “legandosi” a Mauro Marzucchi, Claudio Marignani e Luciano Cortonesi, mettendo su un ventaglio di coalizione civica formato da SPQS, Sena Civitas, Siena Aperta, Nero su Bianco e La Martinella 1884. Sportelli definisce il suo progetto “Fronte civico”, anche se poi in realtà a Siena il civismo si presenta più come un arcipelago di liste diversamente assortite per base elettorale di riferimento. Abbiamo incontrato Sportelli per intervistarlo.

Quale obiettivo vi ponete con la vostra lista civica?

«Ci poniamo il medesimo obiettivo di tutte le liste che compongono la coalizione che mi sostiene: amministrare Siena con un’impronta civica ed imprenditoriale, lontani dalle logiche partitiche che hanno portato gli interessi delle ultime amministrazioni lontani dal nostro territorio».

Molti candidati civici, una sintesi era impossibile tra voi e Piccini ad esempio?  Del resto una situazione come questa, con molte liste civiche, non pensa possa favorire le candidature politiche?

«Non riesco a capire come il candidato Piccini con il suo pregresso possa rappresentare il nuovo e il civico per questa amministrazione. Fortunatamente, la mia coalizione è riuscita ad essere inclusiva, riuscendo a creare un fronte civico compatto. Vedremo se gli elettori vorranno premiare le logiche di partito che a mio parere sarebbero deleterie per il benessere della città, oppure vorranno favorire esperienze civiche come la mia, riferendosi soltanto ai programmi e agli interessi a km 0».

Di che tipo di cambiamento ha bisogno Siena?

«E’ chi governa che deve cambiare mentalità e modo di operare. Il mio approccio sarà di stampo imprenditoriale e vogliamo abbassare l’asticella, ovvero ripartire dalle cose semplici, concrete, di immediata fattibilità. C’è una forte esigenza di rinnovamento, dobbiamo portare una rivoluzione che valorizzi le competenze. Voglio che, chiunque si trovi a gestire il proprio ambito, rappresenti anche un’eccellenza nello stesso».

Lei si presenta con gente che comunque nel recente passato in città ha ricoperto ruoli importanti, talvolta strategici. In che misura ciò si sposa con il cambiamento?

«Sono un uomo vergine di politica. Rappresento la novità, rappresento una garanzia di cambiamento che non vuole essere solamente limitato alle persone. Gli elementi di novità su quello che è il mio progetto sono ben espressi nel programma che presto sarà sotto gli occhi di tutti. Comunque, nonostante questo, resto un neofita e l’umiltà con cui ho deciso di intraprendere questo viaggio, mi porta a voler attingere da chi ha più esperienza di me. Non ho la presunzione di credere che tutto ciò che c’è stato prima era sbagliato: voglio mantenere quello che di buono è stato fatto».

Quali sono le prime misure che assumerebbe per la città, quelle più impellenti?

«Ci sono alcune cose che devono essere fatte immediatamente. Intanto, un piano della mobilità che viene rimandato da troppo tempo e che non si può più procrastinare. Non farò promesse di immediata realizzazione, ma voglio promettere un immediato impegno nel mettersi a lavoro: nei primi cento giorni, probabilmente non ci saranno neanche i tempi tecnici per svolgere la burocrazia necessaria».

Siena ha bruciato una enorme mole di ricchezza. Ha vissuto di opulenza, cosa direbbe ai senesi per far capire loro che è tempo di guardare ad una realtà diversa?

«Vorrei, intanto, che si smettesse di vedere Siena come una landa desolata. Abbiamo una città che da sola ha un’enorme concentrazione di eccellenze: l’Università, L’Università per Stranieri, la Chigiana, l’Istituto Musicale Rinaldo Franci, Siena Jazz, l’ASP, Toscana Life Science e molte altre. Dobbiamo ripartire da qui, da casa nostra».

Cosa è la senesità e in che misura si sposa con la modernità?

«Siena ha sempre avuto una caratteristica fondamentale: produrre modernità e farne tradizione. Credo sia questo il senso intrinseco della senesità. Il moderno, l’innovazione, sono già compresi nella parola».

Immaginiamo un ballottaggio tra Valentini e De Mossi, lei chi sosterrebbe? Oppure tra Piccini e De Mossi?

«Questa domanda è il tentativo da parte della stampa di rivelare nuove alleanze tra liste civiche che evidentemente nella realtà non sono state possibili, è davvero uno sforzo inutile quanto tardivo. Come ho avuto già modo di dire, per il ballottaggio non ho che da chiedere un voto in mio favore, visto che i numeri in mio possesso dicono che sarò uno dei due».

Va bene, torniamo sui programmi, di cosa ha bisogno Siena? Il centro storico, la periferia?

«Il centro storico è Patrimonio dell’Umanità nel suo complesso ed è proprio questa l’interpretazione che voglio dargli quando ad esempio parlo di un centro congressi diffuso come soluzione per favorire l’accoglienza di grandi eventi formativi, artistici e scientifici, anche con la partecipazione di grandi nomi nazionali ed internazionali. Dobbiamo smettere di considerare la periferia come tale. Siena è un grande territorio e deve essere valorizzato nel suo complesso. Nei quartieri più distanti dalle mura, l’esigenza è quella di rilanciare il tessuto socio-culturale ed economico legato ai nostri cittadini più giovani e a tutta la comunità di studenti universitari che per fortuna decidono di venirsi a formare qui. Ovviamente, prerogative della periferia, devono essere sicurezza, viabilità e servizi, senza trascurare la cura degli spazi pubblici, oltre a favorire progettualità che possano contribuire alla valenza sociale e culturale dell’area di insediamento».

Perché il civismo e non la politica per un rilancio della città?

«Come ho già detto, noi abbiamo interessi a km 0. Il civismo garantisce questo, mentre i partiti portano i nostri interessi a Firenze se non addirittura a Roma. E perché il civismo ci permette di cogliere delle competenze in modo trasversale e fa della nostra diversità un punto di forza».