La scena di questa mattina l’ho vissuta decine di volte negli ultimi anni. Una bara, una foto, gli oggetti più cari, i fiori, gli occhi dignitosi, increduli e sgomenti dei familiari assaliti dal dolore di una morte ingiusta che sfugge ad ogni logica. Altro sangue innocente. Un’altra vittima della violenza cieca e brutale di criminali sanguinari per cui la vita non ha alcun valore. Un’altra vittima di un paese che non riesce a garantire protezione e sicurezza ai suoi cittadini, vittime di incuria, degrado, strafottenza.
Mariano Bottari non è il primo e non sarà l’ultimo della lunga lista di vittime innocenti. Aveva 75 anni, è stato ucciso da un proiettile durante un tentativo di rapina che aveva come obiettivo una altra persona. Era un marito, un papà, un nonno. Una persona ‘perbene’ così come lo ha definito la figlia più piccola Silvana che ha preso la parola dall’altare durante i funerali: «Papà è vittima di una società malata, impaurita. Desideravo mi accompagnasse all’altare il giorno delle mie nozze e invece sono io che ho accompagnato lui. Mi sembra tutto così irreale». Purtroppo invece è tutto drammaticamente vero. Si muore così, per sbaglio. Mariano è uscito di casa un lunedì mattina di luglio e mentre rientrava, con in mano i sacchetti della spesa, si è accasciato a terra e non si è più rialzato. Se qualcuno pensa che Mariano è morto perché era nel posto sbagliato al momento sbagliato si sbaglia. Mariano Bottari era al posto giusto nel momento giusto. Erano i suoi assassini ad essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Mariano lunedì era esattamente lì dove doveva essere, di ritorno a casa dopo aver fatto la spesa al posto della moglie costretta su una sedia a rotelle. Era nel posto giusto così come lo erano Salvatore Giordano (14 anni, colpito da un pezzo di cornicione staccatosi dalla volta della galleria Umberto Primo, stava passeggiando e mangiando un gelato con i suoi amici), Pasquale Romano detto Lino (30 anni, scambiato per un criminale e massacrato di proiettili, era andato a salutare la fidanzata prima di andare a giocare una partita a calcetto), Silvia Ruotolo (39 anni, uccisa in un conflitto a fuoco di ritorno a casa da scuola, mano nella mano con suo figlio piccolo). La lista è lunga ed è destinata ad allungarsi ancora. E’ doveroso ricordare perché ricordare vuol dire avere una buona memoria. Memoria vuol dire impegno e queste vittime innocenti rappresentano una ferita non solo per la città di Napoli ma per l’Italia intera. Una vergogna per il nostro paese.