2,59 metri di lunghezza per 2,3 metri di larghezza. Due piccole finestre, un tappeto come letto, un comodino e un secchio per i bisogni corporali: è la cella del carcere di Robben Island dove Nelson Mandela trascorse 18 dei 27 anni di prigionia (dal 13 giugno 1964 al 31 marzo 1982). Un luogo simbolo della lotta all’apartheid che il Nelson Mandela Forum di Firenze, struttura polivalente che dal 2004 ha scelto di rinunciare a qualsiasi sponsorizzazione per intitolarsi al Premio Nobel per la Pace, ha riprodotto in vetro, davanti all’ingresso principale, prima di una serie di iniziative nel centenario della nascita di Nelson Mandela. Mandela Memorial, questo il titolo dell’opera, è stato svelato oggi alla presenza di Ndileka Mandela (nipote di Nelson Mandela) della Nelson Mandela Mandela Foundation, del Ministro plenipotenziario dell’ambasciata del Sudafrica in Italia Sheldon Moulton, del sindaco di Firenze Dario Nardella, dell’assessore regionale allo Sport Stefania Saccardi, dell’assessore regionale alla Presidenza Vittorio Bugli, del presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani, del cardinale Giuseppe Betori, del prorettore alla comunicazione dell’Università degli Studi di Firenze Laura Solito. Presenti anche la vice presidente della Fondazione CR Firenze Donatella Carmi Bartolozzi e il responsabile relazioni esterne di Unicoop Firenze Claudio Vanni, che sostengono le attività del Mandela Forum di Firenze.
Luogo accessibile h24 Il Mandela Memorial è stato posto in un luogo accessibile alla cittadinanza 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno. L’opera vuole essere un invito a riflettere sul contrasto fra lo spazio ristretto in cui fu confinato Nelson Mandela e la grandezza del messaggio di riconciliazione e ricostruzione lanciato dal leader anti-apartheid dopo la liberazione.
Ndileka Mandela: «Sia simbolo di come superare le difficoltà» «Una della cose che Nelson Mandela mi ha detto quando ero piccola è che la cella gli ha dato la possibilità di trovare l’energia che ognuno di noi ha dentro – ha detto Ndileka Mandela -. Penso che sia responsabilità di tutti noi, soprattutto con chi ha responsabilità di governo, cercare questa energia per inseguire i propri sogni. In tutte le lettere che mi scriveva parlava di educazione, di studio. E’ grazie alla formazione che mio nonno è riuscito ad emanciparsi. Lui era avvocato, avrebbe potuto avere una vita comoda, ma scelse di servire il suo popolo. Vorrei che la cella rappresentasse questo spirito, soprattutto per i giovani. Un simbolo di come possiamo superare anche le difficoltà più grandi».