Non solo carbonizzatore. A Chiusi, nell’area dell’ex Centro Carni, che oggi è passata di proprietà dal Comune a Acea Ambiente potrebbe non nascere solo un impianto per lo smaltimento dei fanghi ma anche altro. A leggere i documenti presentati dalla stessa azienda nell’offerta economica, infatti, si legge che “allorché vi siano le condizioni tecniche ed economiche”, a Chiusi potrebbero essere costruite altre installazioni innovative quali un impianto per il recupero di materia dai rifiuti della depurazione dei fumi di combustione, provenienti dai termovalorizzatori del Gruppo Acea; e un impianto per la valorizzazione dei compost di qualità, proveniente dagli impianti di compostaggio di Acea Ambiente, mediante un processo di pellettizzazione e insaccamento.

Insomma, in località Le Biffe, laddove qualche tempo fa la stessa politica locale si batteva per la costruzione della stazione dell’Alta velocità (poi sfumata) potrebbe essere messa in opera (“allorché vi siano le condizioni tecniche ed economiche”) una fase di lavorazione dell’ampio ciclo dei rifiuti grazie ad un impianto industriale che potrebbe attingere per il recupero della materia prima anche da fuori Toscana, in quanto la stessa società mette tra i primi punti dei requisiti presentati dal terreno la “localizzazione” dello stesso.

Del resto, se i fanghi, o rifiuti, provenissero esclusivamente dalla Toscana la localizzazione dovrebbe essere un’altra e non un terreno all’estremo sud della regione, al confine con l’Umbria. E poi, Acea nel progetto presentato dice chiaramente che “principalmente, quali produttori di fanghi di supero vanno considerate le società che erogano il servizio idrico integrato nella Regione Toscana”. Principalmente, non significa esclusivamente.

Sappiamo per certo che la chiusura del ciclo della lavorazione dei fanghi rappresenta una criticità in tutta Italia, dopo che la pratica dello spandimento sui terreni agricoli ha subìto un arresto a causa delle forti limitazioni normative subentrate. Il processo di carbonizzazione, quindi, può rappresentare una valida alternativa per chiudere il ciclo. E la tecnologia presentata a Chiusi quale innovativa, in realtà potrebbe essere del tutto sperimentale, poiché non sembra esistere ad oggi impianto al mondo che lavora i fanghi di supero secondo le modalità esplicate nel progetto di massima presentato da Acea.

Da quanto si evince, serbatoi dotati di un sistema di aspirazione e abbattimento delle arie riceveranno i rifiuti costituiti da fanghi biologici che giungeranno per mezzo di autocarri. La miscela fangosa “alimentata” viene così portata e mantenuta per alcune ore in condizioni di temperatura e pressione tali da produrre la sua trasformazione in una miscela carboniosa, poi estratta ed avviata alla disidratazione. Acea descrive che “il materiale in uscita da tale processo è un carbone contenente una certa quantità di acqua del processo”. L’acqua dovrà essere separata dalle ceneri e “dai materiali indesiderati che potrebbero essere presenti nel rifiuto in ingresso all’impianto”.

Quindi, non si parla di rifiuti puramente organici, altrimenti questo rischio non si avrebbe. Il prodotto finale di tutto il processo è costituito dalla lignite, un carbone fossile che ha pregio limitato, che in passato veniva utilizzato per la produzione di energia elettrica. Altri utilizzi sono la produzione di carboni attivi o la fertilizzazione agricola. Dipende dalle caratteristiche del fango in ingresso.

A questo punto resta da capire quanto di tutto questo era stato comunicato alla comunità chiusina e ai Comuni confinanti, quelli senesi e anche umbri. Possibile che un simile impianto non richieda autorizzazioni sovracomunali o comunque un minimo di programmazione e concertazione tra enti?