Si completa domani, 31 gennaio, l’iter per la vendita dell’ex Centro Carni di Chiusi ad Acea Ambiente srl. I terreni, di proprietà comunale, al confine tra Toscana e Umbria, saranno assegnati a Acea ambiente srl per la realizzazione, in un tempo previsto tra i sei e nove mesi, di un “Carbonizzatore” per la lavorazione, a livello industriale, di massicce quantità di fanghi trasformati in concime. Dovrebbe dare lavoro a circa 14 persone. Ma c’è molta preoccupazione, emersa di una riunione convocata da un blogger locale per dibattere la vicenda tra cittadini non solo di Chiusi ma anche di alcuni paesi umbri confinanti quali Città della Pieve e Fabbro. Finora non si è costituito alcun comitato territoriale contrario anche se la vendita dei terreni ad Acea è stata contrasta dalle opposizioni in Consiglio comunale a Chiusi.

Veniamo ai fatti. Lo scorso settembre il Comune di Chiusi, proprietario dell’area, mette in vendita con un bando di gara i terreni del complesso immobiliare denominato ex Centro Carni, alle Biffe, praticamente sul confine che divide Toscana e Umbria. A novembre vengono aperte le buste, anche se quella di Acea Ambiente srl è l’unica offerta pervenuta che si aggiudica l’acquisto con un rilancio di 25mila euro, appena l’1% del prezzo a base d’asta fissato a 2,5 milioni di euro.

Acea Ambiente è una società a responsabilità limitata del Gruppo Acea SpA che si occupa, tramite esercizio diretto del proprio complesso di impianti, di operazioni di recupero e smaltimento di rifiuti solidi e liquidi. Il Gruppo Acea partecipa in diverse società idriche nel Lazio e in Toscana dove si occupa di provvedere alla depurazione delle acque reflue urbane mediante l’esercizio di impianti a fanghi attivi, la stabilizzazione degli stessi e poi la trattazione per la chiusura del ciclo.

Dalla lettura dell’offerta tecnica allegata Acea è interessata all’acquisto del terreno dell’ex Centro Carni di Chiusi in quanto presenta i requisiti di “localizzazione” e dimensionale adeguati alla “realizzazione di un impianto industriale per il trattamento dei fanghi di supero provenienti dalla depurazione delle acque reflue “mediante implementazione di una tecnologia innovativa, sviluppata in ambito europeo attraverso studi e sperimentazioni ormai matura per le applicazioni industriali”. Si tratterebbe, appunto, di un impianto denominato “Carbonizzatore” trasformazione in concime di massicce quantità di fanghi.

Secondo Acea si tratta di tecnologie innovative e testate a livello europeo, sebbene a chi scrive non risultino notizie di impianti simili in Europa, dove vengono lavorati i fanghi reflui. A Valencia, in Spagna, c’è un impianto che attua un processo di carbonizzazione, ma di materiale vegetale non di fanghi. Inoltre, analogo progetto doveva sorgere a Capannori in provincia di Lucca, ma la comunità scesa in piazza per protestare contro l’impianto lo ha al momento impedito.

L’area sulla quale sorgerà l’impianto Acea a Chiusi già in passato è stata oggetto di proteste da parte di abitanti e operatori economici della zona, a causa degli odori maleodoranti provenienti dagli impianti di depurazione che vi sorgevano. Inizialmente dotato di un piccolo depuratore a servizio del Centro Carni, con il passaggio a Bioecologia, infatti, era stato realizzato un impianto con capacità di depurazione molto più grande di quello esistente, dove venivano trattati i reflui provenienti da ampie aree.

Da parte sua l’Amministrazione Comunale di Chiusi giustifica l’operazione con la necessità di dare finalmente nuova vita all’area oggi degradata, inquinata da nichel (ci sarebbe una indagine della Magistratura per indagarne le cause, Nda) che necessita di essere messa in sicurezza. Insomma, la vicenda appare complessa da qualunque punto di vista la si osservi. E domani, con la definizione della vendita del terreno appare solo come il primo atto.