Siena, colonia a immagine di Roma. Il mito fondativo lo dice, la storia in parte lo conferma. Ne avevamo sentore ma ormai le prove confermano che certa classe dirigente senese viene decisa nella capitale e ora anche i suoi rappresentanti istituzionali. La notizia è arrivata annunciata da un venticello fino a deflagrare con l’annuncio dello stesso segretario Pd, Matteo Renzi. A Siena il candidato Pd alla Camera sarà Pier Carlo Padoan, ministro delle finanze nei governi Letta, Renzi e Gentiloni. La motivazione? Il collegio sembra blindato in favore dei democratici e lui è stato il “salvatore” di banca Mps. Dunque è giusto passi all’incasso nella città che dovrebbe essergli grata.

«Nella vulgata è passato un resoconto mediatico superficiale – ha detto l’ex premier fiorentino -. Noi non abbiamo salvato le banche ma migliaia e migliaia di correntisti. Rivendicare questa decisione e rivendicarlo nella città simbolo di uno dei grandi scandali bancari del passato credo sarebbe una bella cosa». Al di là dell’affermazione gratuita sul “resoconto mediatico superficiale” (la colpa è sempre orfana o se ha un responsabile sono sempre i giornalisti), Renzi rivendica che i governi a guida Pd di questa ultima legislatura (dal 2013 ad oggi) avrebbero salvato migliaia di correntisti, non banca Mps. E questa, in effetti, appare un’affermazione vera, nella sua drammaticità. Nel senso che se è vero che la banca non ha chiuso i battenti dopo i tentativi falliti di aumento di capitale è grazie all’intervento massiccio dello Stato, quindi con i fondi del Tesoro. Ma non è detto che non possa chiuderli in futuro, se il punto centrale sono i correntisti e non la banca.

A questo punto il problema diventa definire una volta per tutte di chi fu la colpa del disastro. C’era una commissione parlamentare d’inchiesta ma non si capisce come si sia conclusa (a parte la candidatura altrettanto blindata di Pierferdinando Casini a Bologna); ci fu una commissione regionale d’inchiesta ma finì con due verità sancite da distinte relazioni, una a firma Pd e una siglata da tutti gli altri. Gli italiani un’idea se la sono fatta e i senesi ormai l’hanno fin troppo chiara, anche se nessuno ha chiesto loro scusa.

Altrettanto fondamentale diventa capire, una volta per tutte, se tra qualche tempo avremo ancora una banca denominata Monte dei Paschi e se avrà ancora il genitivo d’origine, Siena. In pratica, la chiusura dei tanti sportelli della banca nei piccoli centri della Toscana e della stessa provincia senese cui stiamo assistendo in questi giorni a cosa dovrebbe portare? A ridurre i costi, forse, non a radicare la banca nel suo territorio d’origine. E la vendita di interi segmenti dell’istituto, invece? E il grande patrimonio di opere d’arte, valutato in 30mila opere che fine farà?

Il piano degli esodi e prepensionamenti dei mesi scorsi ha ridotto il personale attivo nella rete delle filiali ma ha anche creato difficoltà nel mantenere aperte le stesse agenzie mentre, pare, le direzioni, nonostante riorganizzazioni continue, rimangono sovradimensionate. E allora viene da domandarsi se la chiusura di certe sedi sia dettata non tanto da problemi di costi (quanto potrà pesare nel bilancio di Mps l’affitto della piccola filiale di Campiglia d’Orcia?) quanto da mancanza di personale. Mentre nessuno spiega quanto costerà alla banca in termini di perdita di clienti chiudere per sempre quelle stesse filiali.

La sensazione è che si voglia procedere ad una vendita per spezzatino della stessa Mps, con il trasferimento di clienti Top e di basso profilo. C’è chi parla di oltre 500.000,00 clienti già migrati dalle filiali Mps alla piattaforma digitale Widiba allo scopo di aumentarne il valore in vista di una sua probabile collocazione in Borsa, il che significherà vendita e, in ultima analisi, perdita di ricchezza e valore per Mps.

Dunque, cosa rimarrà tra qualche anno della banca che abbiamo conosciuto, che ancora vediamo e che qualcuno dice in giro di aver “salvato”? Secondo quanto si può intuire del volere dell’Europa sembra ben poco e il livello nazionale non pare intenzionato a contraddire quanto già deciso altrove.

In ogni caso conosceremo le risposte a queste (ed altre) domande sospese solo tra qualche mese. Ben dopo la imminente campagna elettorale. E siccome le incertezze sono tante ma qualcuno deve incassare subito un risultato ecco arrivare nel collegio uninominale di Siena per la Camera il ministro Padoan. Dando di fatto il benservito all’attuale parlamentare Luigi Dallai, salvo ripescaggi nel proporzionale, e a Susanna Cenni che pur al secondo mandato giocherà le sue chances di ricandidatura sul piano nazionale. Oltretutto, dopo anni di primarie sbandierate per scegliere candidati a tutti i livelli (la base del partito non sembra sia stata coinvolta nella discussione per le candidature).

Per chi ha memoria, si ricorderà di altri paracadutati eccellenti in queste terre, e l’esempio non sembra incoraggiante. Giuliano Amato negli ultimi scampoli di Psi si fece eleggere alla Camera nel 1992 e fu poi primo firmatario della legge che avrebbe privatizzato banche e creato fondazioni (l’Alfa di tutto il ciclo che ha portato all’oggi) e Franco Bassanini alla fine degli anni ’90 che con i Ds finì per diventare stella polare di tutto quel che di politico accadeva in banca e dintorni. Oggi, il Pd decide di utilizzare i voti sicuri dei senesi per garantire lo scranno al presunto “salvatore” Pier Carlo Padoan (l’Omega di una parabola che rischia di chiudere per sempre la storia secolare di Siena, città bancaria).

Il cerchio si stringe, direbbe un bravo detective. Sapranno i senesi riconoscerlo? O continueranno a baciare “la mano che ruppe il naso”, come canta Fabrizio De André? Siena, continua ad essere considerata da taluni una sicura colonia romana. Il mito fondativo lo dice, vedremo se le prossime elezioni lo confermeranno.

Ah, s’io fosse fuoco