Ho una grande ammirazione per Vincenzo Nibali.
Ma anche una certa difficoltà a collocarlo, se debbo dirla tutta.
A occhio, mi sembra un bel corridore. Capitato in un momento di transizione e (forse) favorito dall’assenza di grossi calibri tipo Wiggins, Quintana e Uran. Quelli che c’erano, tipo Froome e Contador, hanno fatto giusto le comparse. Non mi sembra, insomma, un campionissimo. Ma chi me lo era sembrato (Armstrong, tanto per dirne uno) abbiamo visto di che pasta era fatto.
Nibali ha vinto grazie ad una superiorità netta e mai in discussione. Senza essere un formidabile scalatore, un irresistibile passista o un grande cronoman. E’ stato un po’ di tutto… Ma debbo ammettere che il Tour vinto da Pantani mi aveva coinvolto di più. Pur non profumando di bucato, le imprese del Pirata riassumevano al meglio l’essenza più autentica del ciclismo. Avevano una scenografia e una musica che non ho trovato in quelle di Nibali.
Ma è anche vero che Nibali è, se Dio vuole, un corridore normale. E forse è proprio quella la sua forza. La vera sfida di uno sport che se vuole salvarsi dall’estinzione deve ripartire dalla normalità.
Da ciclisti che impiegano dieci minuti per scalare l’Alpe d’Huez ed arrivano morti in cima perché non è umanamente possibile fare di meglio. E dare una pedata a quegli arrotini che ,truccando il motore, lo sbolognavano in sette minuti scarsi e arrivavano profumati al gelsomino.
E poi, va riconosciuto, Nibali non sarà lo stereotipo dell’eroe, ma è l’Italiano che trionfa nel ciclismo ormai globalizzato. Non è un particolare da niente: fino all’altro ieri, non c’era sport più chiuso ed esclusivo della bicicletta. Che, per quasi cento anni, è stato un affare esclusivo di tre nazioni: Francia, Italia e Belgio. Qualche Olandese, un paio di Svizzeri (gli Elvetici, diceva De Zan), qualche spagnolo da salita e poco più. Ricordo un Tedesco (Thurau) e uno Svedese (Prim)… Quando arrivò Greg Lemond fu accolto con stupore: «Toh –si disse- anche gli americani sanno andare in bicicletta…».
Dagli anni 90 quel mondo è esploso e la lotta si è fatta molto più dura: e adesso per vincere bisogna mettere in fila il mondo anglosassone (Britannici, Americani, Australiani eccetera), la Russia e tutto l’Est Europa, più altre realtà tipo i Colombiani che vanno fortissimo. E anche qui aspettiamoci presto o tardi il Cinese pigliatutto.
Complimenti a Nibali, dunque.
E non guardiamo in bocca al cavallo. Una volta tanto.