«I rimpatri, che li facciano: i Cie, anche se chiamati con un nome nuovo, non mi piacevano prima e continuano a non piacermi anche ora che c’è Minniti. Se devo fare, e non credo che debba fare qualcosa, quello che mi spetta dal punto di vista istituzionale, se dovrò farlo non potrò che farlo». Così Enrico Rossi, governatore della Toscana, parlando della situazioni immigrati in Toscana aprendo un ‘muro contro muro’ sia con il sindaco di Prato e delegato nazionale Anci sul tema, Matteo Biffoni, che con il presidente della commissione nazionale sul tema, Federico Gelli. «Se sono così convinti che c’è bisogno di un Cie in Toscana va trovato, ci sarà subito il sindaco che dice ‘non voglio il Cie’. Biffoni che è d’accordo magari potrebbe trovare a Prato un angolino per costruire un Cie, oppure a Pisa potrebbero trovargli un angolino. Credo che non serva, se c’è da portare la gente nei loro Paesi di origine: oltretutto abbiamo soltanto 4 contratti coi Paesi per il rimpatrio, altrimenti non funziona. Sono numeri anche molto ridotti”» Secondo il governatore toscano, non c’è la necessità «di diffondere dovunque questi centri dove rischiano di finire anche persone che avrebbero bisogno di essere difese dalla tratta della prostituzione, da forme di schiavismo, come sono quelle nei campi e in altre situazioni lavorative».
Biffoni: «Utile luogo da cui mandare segnale di rigore» Ma cosa aveva detto Matteo Biffoni di cosi ‘grave’ da far irritare il governatore della Toscana? «Secondo me è utile in questo momento un luogo da cui mandare un segnale di rigore nel rispetto delle norme – ha raccontato Biffoni – Io penso che l’idea di Minniti almeno quella originaria di un luogo in cui prevedere quello che prevede la legge, niente di più e niente di meno, cioè l’allontanamento del cittadino non comunitario, in particolare a mio modo di vedere se commette determinati tipi di reati, secondo me serve. Poi parliamo della politica dei rimpatri che è competenza dello Stato, ne discuteremo con il governo e in particolare col ministro dell’Interno». Federico Gelli, incontrando giovedì scorso i Prefetti della regione, aveva parlato di «un piccolo centro di 100 persone» che non hanno ottenuto asilo o protezione umanitaria, per smistarli nei paesi di provenienza.