La polemica è venuta fuori a Siena – la mia città – ma la situazione è la stessa in tante altre città della Toscana e gira attorno ad una parola: “inadempienza”.

Parola ostica che indica la mancata trasmissione dei dati sul numero dei turisti che hanno dormito nelle strutture ricettive. Dati necessari sia a fini statistici per l’Istat, sia al più concreto argomento del versamento dei soldi raccolti con l’imposta di soggiorno. Cose che non tutti gli esercenti di strutture ricettive fanno, comportandosi appunto da inadempienti rispetto agli obblighi previsti dalle norme.

Ricordo sempre, quando me ne occupavo per la Provincia di Pisa, che il titolare di una struttura ricettiva ci intimò di non sollecitargli più l’invio dei dati mensili su quante persone avevano soggiornato nella sua struttura, perché «i dati non ve li manderò mai», facendosi forte del fatto che la legge prevede sì l’obbligo di trasmissione, ma non contempla sanzioni per chi non lo fa. Perché essere inadempiente non comporta nessuna multa o sanzione alla fin fine è un obbligo di legge che si configura quasi come un piacere, una cortesia.

E devo dire che nessuno se ne curava troppo, fino a quando – con l’inserimento della tassa di soggiorno – la trasmissione dei dati diventa un parametro per misurare quanti soldi si sono incassati dai turisti e quanti se ne sono effettivamente versati al Comune. Adesso che ci sono i soldi di mezzo – e non la semplice statistica – si fa la voce grossa. Come è accaduto a Siena, con le accuse del sindaco Bruno Valentini contro l’inadempienza delle strutture ricettive e la immediata difesa della categoria da parte di Marco Bianciardi, presidente di Federalberghi.

Una scena tristissima, in cui è emersa, ancora una volta, tutta la distanza siderale che esiste fra la politica (e le associazioni di categoria) e le tematiche vere e reali del turismo. Da una parte un sindaco che pensa solo ai soldi della tassa di soggiorno e soffre se non gliela versano tutta fino all’ultimo euro; dall’altra parte un presidente che cerca di giustificare l’indifendibile, accampando difficoltà tecniche e costi telematici per spiegare l’inadempienza.

Ma via. Trasmettere i dati statistici per l’Istat può essere noioso, ma è semplicissimo farlo anche a mano (parlo per esperienza diretta), figuriamoci la fatica di premere un tasto, ormai presente su qualsiasi programma gestionale. Incassare i soldi della tassa di soggiorno e non versarli al Comune significa trattenersi in cassa dei soldi che non sono propri, ma di un altro soggetto. E ho detto tutto.

D’altra parte un comune che pensa soltanto a mettere in bilancio i soldi della tassa di soggiorno, senza destinarne almeno una parte significativa a politiche turistiche e senza rendicontare  in maniera trasparente come l’intera somma pagata dai turisti sia stata impiegata, è un’amministrazione che tradisce lo spirito della legge.

Il più pulito – si dice a Siena – c’ha la rogna.