Una frase continua a inseguirmi. La leggo spesso negli articoli, a volte nei saggi e mi aspetto che prima o poi qualcuno me la dica anche a voce. Quindi anticipo tutti e la scrivo io: perché facciamo un regalo a una persona per dirle che le vogliamo bene quando la cosa più importante che potremmo regalarle è del tempo insieme? Più ci penso, più so che è una verità. Le cose, anche preziose, sono spesso surrogati, vogliono esprimere una compensazione per quello che non riusciamo a dare. Credo che cucinare qualcosa per qualcuno aiuti a dire ti voglio bene. Cucinare qualcosa con qualcuno sigilla il patto di affettività. La mia migliore esperienza a oggi di cucina condivisa è quella che faccio con mia figlia. Lei è moto piccola, ma altrettanto determinata. Ha una irrefrenabile passione per aggiungere il sale a ogni tipo di piatto che prepariamo insieme. Ne ama la consistenza in granelli, il versarlo col cucchiaino o prenderlo a “pizzichi” da gettare come la polvere magica delle fate quando lanciano un incantesimo. L’attività che le piace di più è impastare. Non importa se si tratta di pasta da pizza, gnocchi, tagliatelle, biscotti, basta sia una pasta da modellare. Un po’ come se fosse un’estensione del Didò che manipola a scuola. Qualche giorno fa abbiamo fatto insieme il pane. Ho comprato un chilo di farina di grani antichi e ho deciso che era arrivato il momento per mettermi alla prova con qualcosa di importante. Fondamentale. Una grande ‘amicizia’ come la nostra si meritava, e si merita, una prova con un pilastro della cucina. I grani antichi, invece, li ho scelti perché sono il futuro dell’alimentazione consapevole e dell’agricoltura toscana nel settore cerealicolo e io cerco di mangiare in modo consapevole e vivo in Toscana, quindi scelta obbligata. Ma felice. Il pane è venuto buonissimo.  Nonostante ne avessi fatto tanto, ce lo siamo beatamente mangiato con tutto, anche da solo senza condimento, in meno di due giorni. E non è stato nemmeno troppo difficile, a patto di avere tanta pazienza fra una lievitazione e l’altra e ricordarsi sempre che per tenere le mani in pasta bisogna…. sporcarsele proprio come fanno i bambini. I panini migliori, comunque, sono stati quelli realizzati da mia figlia: piccoli, cotti perfettamente, croccanti fuori e morbidi dentro.

Deliziosi e impossibili.

LA RICETTA – Fare il pane è un atto che tutti, prima o poi, dovrebbero compiere. Anche chi non si interessa di cucina e non ha mai cotto nulla, nemmeno un uovo a tegamino. Nel fare il pane il risultato non conta quanto l’esperienza. Il ricongiungersi a un’attività primordiale e universale, perché l’umanità fa il pane da quando esiste. Con molte varianti, vero, ma sempre pane è. La ricetta che ho seguito si è rivelata efficace e non troppo difficile. Prendete 500 grammi di farina per pane, 35 grammi di lievito madre 15 grammi di sale, 15 grammi di zucchero, 500 ml di acqua. Mescolate la farina con lo zucchero e il sale, aggiungete il lievito madre e impastate con l’acqua fino a ottenere un impasto omogeneo. Lasciate riposare coperto e in un luogo tiepido finché non è raddoppiato di volume quindi dividete in due quantità uguali, impastate di nuovo e poi mettete a lievitare ancora nello stesso posto coperto e tiepido. Riprendete l’impasto e riducetelo nelle forme desiderate, tracciate una croce sopra le pagnotte e mettete sulla placca da forno e copritele con un canovaccio inumidito e lasciate lievitare ancora per una quarantina di minuti poi accendete il forno a 200 gradi e, una volta caldo, infornate per 30 minuti o più a seconda delle pagnotte. Per una migliore cottura, tenete un pentolino pieno di acqua dentro il forno durante la cottura.

Bon appetit