Uno dei paesaggi di cipressi più celebri della Toscana nel Comune di San Quirico d'Orcia (SI) nel Parco della ValdorciaCi sono notizie che passano, rapidamente, per un attimo sullo schermo dei nostri smartphone e che andrebbero invece bloccate, salvate e valutate con attenzione.

Una, che naturalmente riguarda il turismo, è di pochi giorni fa: in Toscana, nel 2016, si è superata per la prima volta la quota di 90 milioni di pernottamenti e con una crescita prevista superiore al 3% all’anno, la soglia, anche psicologica, dei 100 milioni sarà superata nel 2020.

Dire 100 milioni di pernottamenti significa che ogni giorno nella nostra “Toscana ovunque bella” – come si chiama il nuovo portale di successo della Regione Toscana con quasi 150 mila visitatori unici nel mese di gennaio scorso – abbiamo una media di 270.000 pernottamenti. Ovviamente, a luglio ed agosto, per non dire di settembre ed ottobre che, anche “grazie” ai cambiamenti climatici, sono ormai diventati di alta stagione, ci saranno più persone che dormono rispetto a febbraio, ma il punto non è la statistica. Il punto è quello di cominciare a chiedersi se non sia il caso di spendere utilmente qualche soldo ed impiegare qualche intelligenza per capire e conoscere chi sono tutte queste persone che “vengono a dormire” nella nostra regione e se siamo davvero in grado di costruire finalmente attorno a questi numeri così imponenti un volano economico che funziona.

Ad esempio, sarebbe il caso di fare uno studio per capire meglio un altro dato “trionfale” – scusate, oggi abbondo in virgolette – che si legge nei comunicati: nei primi 10 mesi del 2016 la spesa dei turisti stranieri in Toscana è stata di 4 miliardi di euro.

Credo che sarebbe utile per tutti capire, perché a fronte di 90 milioni di pernottamenti e tanti miliardi di euro, non si vedono quelli sviluppi occupazionali e quella disponibilità economica che sarebbe lecito attendersi. Scoprire a chi vanno questi miliardi di euro, se sono veramente tanti come sembrano o invece sono pochi, se finiscono per essere divisi fra troppi soggetti e quindi parcellizzati, quanti passano direttamente dagli operatori turistici alle amministrazioni locali e nazionali per tasse e balzelli improduttivi o per adempimenti e spese obbligatorie evidentemente parassitarie.

Sarebbe finalmente un convegno utile a qualcosa, ma non ci spero: costerebbe soldi veri e sarebbe politicamente scabroso. Meglio continuare a fare incontri inutili, ma politicamente in discesa, fra assessori e associazioni…