L’imprenditore aretino Sergio Squarcialupi, patron della Chimet, azienda di Badia al Pino (Arezzo) che tratta rifiuti speciali e scarti di lavorazione di metalli, è stato assolto dal Tribunale di Arezzo dall’accusa di disastro ambientale (nella forma attenuata del rischio che l’evento si verificasse) e condannato a 4 mesi, convertiti in una multa da 34mila euro, per illegittima miscelazione di rifiuti e a un’ammenda da 3mila euro per omessa comunicazione di inquinamento relativamente ad alcuni terreni prospicienti lo stabilimento. Per ulteriori 9 capi di imputazione è scattata la prescrizione (tra questi quello relativo alla vendita del grano inquinato), per altri 10, legati sempre a norme sullo smaltimento dei rifiuti, l’assoluzione.
Un processo durato 6 anni E’ questo l’epilogo di un processo durato 6 anni e che vede oggi assolti Cristina Squarcialupi, figlia del patron, che doveva rispondere di falso, il dirigente della Provincia di Arezzo Patrizio Lucci, accusato di abuso di ufficio per avere concesso le autorizzazioni in deroga all’incenerimento dei rifiuti in mancanza della via, dell’ex sindaco di Civitella in Valdichiana Massimiliano Dindalini, a cui era stato contestato l’omissione di atti di ufficio per non avere ordinato la chiusura dello stabilimento per lo sforamento dei valori di diossine nel 2006, due funzionari dell’Arpat di Arezzo, Claudio Bondi e Carlo Bartoli, accusati di omissione di atti d’ufficio per aver ritardato la comunicazione dello sforamento delle diossine e il proprietario di un terreno vicino alla Chimet, Aldo Ricci, sospettato di aver dato ricovero a rifiuti tossici.
L’indagine Dopo mezza giornata di Camera di Consiglio, il Collegio Giudicante presieduto da Mauro Bilancetti e composto da Manuela Accurso Tagano e Piergiorgio Ponticelli, ha emesso la sentenza che scagiona l’accusa formulata dal Pm Roberto Rossi. Il magistrato, per il solo Squarcialupi, difeso dall’avvocato Roberto Alboni, aveva chiesto 6 anni e 8 mesi. L’indagine era iniziata nel 2008 con un blitz della Forestale aretina allo stabilimento su segnalazione di un comitato locale per presunti casi di inquinamento e relativo ritardo nella comunicazione degli stessi. Indagini e processo si sono basati su prelievi di campioni di terreno e grano, cresciuto nella parte prospiciente lo stabilimento e su tutta una serie di sopralluoghi.
Il plauso di Confindustria Arezzo La vicenda giudiziaria è stata seguita e approfondita ai massimi livelli visto che Chimet (Chimica Metallurgica Toscana) è una delle aziende leader, a livello internazionale, nel settore del recupero e della raffinazione dei metalli preziosi. E puntuale è arrivata la dichiarazione di Confindustria Arezzo che ricorda in una nota: «Chimet, insieme a UnoaErre ed alle altre società del gruppo, rappresenta oggi una delle maggiori e più dinamiche realtà industriali toscane; Sergio Squarcialupi è componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione di via Roma, eletto dai colleghi per la prima volta nel corso dell’Assemblea Generale del 2008». Confindustria Arezzo «apprende con sollievo e soddisfazione dell’assoluzione di tutti gli imputati dai reati loro contestati e conferma quanto fu dichiarato in merito nel 2008, all’inizio della vicenda: piena fiducia nell’operato della Magistratura e un sentimento di sincera vicinanza al collega Sergio Squarcialupi. Gli industriali aretini confermano il costante impegno al rispetto delle sempre più complesse e stringenti norme che regolano il funzionamento delle imprese, consapevoli del valore intrinseco che deriva dal perseguimento della salute della popolazione e dei lavoratori nonché dalla tutela dell’ambiente, patrimonio da preservare e valorizzare assieme al tessuto economico-produttivo ed al benessere che ha contribuito a creare. Chiedono al contempo un impegno diffuso verso la semplificazione e la velocizzazione dei tempi e delle procedure che interessano e regolano la vita delle imprese, in un contesto di mercato sempre più globale e competitivo, che non ammette più i tempi lunghi ed i processi decisionali complessi ai quali gli imprenditori italiani sono oggi sottoposti».