Mentre dentro Fortezza da Basso scorre l’ultima giornata di Pitti Uomo, fuori, per le vie del centro di Firenze sfila la protesta dei lavoratori del tessile, dell’abbigliamento e delle calzatura. Non un paradosso, ma la fotografia di una vertenza lunga 10 mesi. Da una parte il Sistema moda Italia (lo Smi), dall’altra i sindacati. In mezzo il contratto di categoria fermo al palo, lo sciopero generale dei settori e una manifestazione nazionale convocata simbolicamente proprio a Firenze. «A qualche metro da qui- sottolinea Emilio Miceli, il segretario nazionale della Filctem Cgil- c’e’ Pitti Uomo. Li ci sono imprese che fanno grandi profitti ed anche grandi delocalizzazioni che poi determinano una condizione di crisi nel Paese. E pensano che i contratti italiani si possano e si debbano allineare con quelli dei paesi in cui delocalizzano. Questo e’ inaccettabile», tuona Miceli.
La protesta Secondo i lavoratori è inaccettabile il modello che propone Smi, cioè di «darci qualche euro”. La Cgil sempre sul fronte del rinnovo contrattuale, manda un altro messaggio diretto al sistema della moda: «I contratti e il salario si negoziano, non si registrano. Loro pensano che l’organo deputato a fare il contratto di lavoro sia l’Istat, per noi invece il compito spetta alle parti». Per Miceli, quindi, è arrivato il momento di sottoscrivere «un nuovo patto. Perché per ridare valore al made in Italy bisogna ricostruire una filiera che si è andata rompendo e sfilacciando nel corso del tempo». Per questo «avanziamo una proposta equilibrata. Un rinnovo cioè che tenga conto della situazione del Paese e del settore». Per il sindacato infatti altre vie non sono percorribili. Il punto e’ che «immaginare che solo riallineando i costi ci si possa rilanciare è sbagliato. Invece il rilancio arriva dalla qualità: bisogna ricostruire- conclude Miceli– un nuovo equilibrio che consenta all’Italia di riportare all’interno del Paese produzione importanti».
Un contratto dignitoso per il settore tessile «Vogliamo un contratto dignitoso, che sia in grado di dare una risposta ai diritti, al welfare e anche al salario, cosa importante per rilanciare l’economia- è la richiesta avanzata da Angelo Colombini il segretario nazionale di Femca Cisl, a Firenze per la manifestazione nazionale dei lavoratori del tessile, dell’abbigliamento e delle calzature nel giorno dello sciopero generale dei settori-Stiamo parlando di un comparto molto legato alla globalizzazione, per questo mantenere i diritti è importante. Il contratto infatti valorizza la possibilità della presenza in Italia del sistema produttivo». Per Colombini “«ora serve far rientrare le produzioni dall’estero, perché i nostri lavoratori sono in grado di dare risposte anche a queste esigenze». Si tratta, spiega Paolo Pirani, il segretario generale della Uiltec Uil, «del secondo sciopero generale che facciamo. Stiamo parlando di un settore, il tessile e l’abbigliamento, su cui ruotano 420.000 gli addetti, piu’ gli 80.000 nel comparto calzature». La Uil, quindi, chiede «per quei lavoratori che contribuiscono al made in Italy un giusto riconoscimento e un contratto dignitoso». Senza questo passaggio e «finchè la controparte non deciderà di sedersi al tavolo, andremo avanti con la protesta».