balotelliHo visto troppe partite e troppi calciatori per non essere convinto che, come dicono in certe borgate romane, “l’omo, pe’ esse omo, ha da puzzà”.
E se non puzza almeno un pochino, è un uomo a metà. E, conseguentemente, un mezzo giocatore.

Noi, questi “ommini” non ne abbiamo più.
Abbiamo invece un sacco di ragazzi efebici, puliti e con un conto in banca spropositato. Giovani, carini e ,da martedì sera, disoccupati. Almeno per quanto riguarda il Mondiale.
Ci pensavo mentre le squadre entravano in campo e suonavano gli inni nazionali: scorrevano le immagini di Verratti, De Sciglio, Balotelli, Immobile, Marchisio, Darmian…. Così bellini e pettinati che sembravano pronti per la sfilata di Pitti Bimbo se non addirittura per servire messa.
Non ho potuto fare a meno di pensare che sarebbe stato un pomeriggio lungo… E che con il Toro di Annoni-Bruno-Policano, o una qualsiasi Atalanta allenata da Mondonico, mi sarei sentito parecchio più tranquillo.

Questo tiki-taka, bisogna ammettere, ci ha un po’ fuorviato: ci ha fatto credere che un po’ di possesso palla, qualche retropassaggio e un paio di schemi su palla inattiva fossero sufficienti per primeggiare sul resto del mondo.
Ma il calcio vive di leggi ferree e incontrovertibili, come la fisica; e per la loro applicazione pratica bastava dare un’occhiata all’Atletico Madrid, non più tardi di un mese fa. Gente con gli attributi sotto, e fior di combattenti senza lo straccio di una paura nel volto. Eccolo il “Cholismo” che ha incantato il mondo… A immagine e somiglianza del suo mentore (Simeone) che non era né RonaldoZidane, ma quando era in campo, giocava per tre.
Noi, troppe crestine sui capelli e poca personalità. Molto politically correct ma scarsissima voglia di lottare, sudare e vincere. Dice : «Eh, ma anche Baggio aveva il codino, se è per quello…».
Ma era Baggio, giustappunto. Uno che nasce ogni cinquant’anni.

Non si è perso solo per quello, intendiamoci. Ma si è perso anche per quello.
Siamo diventati una Nazionale di polli d’allevamento, e questi non sono più tempi per i polli d’allevamento, né sui campi di calcio, né altrove.
Sarò ripetitivo, ma per me la partita perfetta rimane Juve-Bilbao del 76: una battaglia furibonda, ventidue uomini a guardarsi negli occhi e la baionetta inastata… Quella notte non c’erano né palloni d’oro né gente pettinata troppo bene: c’erano Furino e Tardelli, Benetti e Morini, Cuccureddu, Boninsegna e Gentile.
E vinsero.

Manca la gente di nerbo. Di personalità. Non so se il tiki taka preveda questo optional, ma senza non si va da nessuna parte, come si è visto. E quando conta, ti fa a fettine anche Gonzalez, che nella Lazio non va mai oltre il cinque e mezzo-sei.
E’ mancato, insomma, il Gattuso del 2006 e anche l’energia prepotente di un Materazzi. Che era meno bravo di Nesta, ma fu ugualmente funzionale. Se non di più…. E d’altronde, anche il “magno” Barcellona del tiki taka mi sembra molto meno “magno” da quando ha smesso Carles Puyol, il Franco Baresi spagnolo… Non a caso, l’unico “omo che puzzava” tra tanti fini dicitori.

«Mister, com’è stato allenare uno come Zidane?», chiesero un giorno a Marcello Lippi.
«Ah Zidane…. Che giocatore fantastico…– sospirò – ma sapeste che meraviglia Davids e Deschamps.. E che sollievo avere dietro gente come Montero, e Carrera… E Porrini, anche..».

Troppi polli d’allevamento, insomma. E strapagati, per giunta.
Il problema sta lì (e non è solo una questione di calcio).