Mai fermo durante gli incontro della sua Mens Sana

Marco Crespi (www.menssanabasket.it)Lui non lo vorrà sentir dire. Ma ha già vinto. Comunque vada. Un allenatore conosce il percorso che ha costruito per la sua squadra. Ha lavorato, ha messo la sua impronta su una squadra che aveva meno delle altre e che, con la ricchezza dei rosters, volevano stroncare l’egemonia. Ha accettato nella peggiore condizione, dovendo recitare davanti ad un pubblico esigente e competente che, all’inizio, avrebbe certamente guardato di più alla scenografia posta alle sue spalle (vittorie e titoli) mentre con un po’ di scetticismo aspettava la sua esibizione. Questo palcoscenico, Marco Crespi lo ha affrontato con la sua enorme conoscenza di pallacanestro, costruita con un percorso da istruttore (vero) di settore giovanile, rovistando dentro alle grandi valigie di sapere che ha riempito rubando da tutte quelle persone con cui ha potuto lavorare (Tanjevic, Lambruschi, D’Antoni agli esordi) e con quel pizzico di follia che lo ha sempre accompagnato, come testimoniano le sue pittoresche sfuriate in panchina.

Quando mi è stato possibile sono andato a vederlo lavorare. Mi ha sempre accolto con una battuta ed un sorriso che tradivano la sua concentrazione per quell’allenamento che stava per iniziare. Dopo, ogni volta che salivo in macchina, riflettevo sul fatto che in due ore di allenamento non aveva avuto bisogno di alzare la voce. Anzi, aveva semmai esultato per un canestro “costruito” dall’attacco o per una rubata della difesa che allenava il game-plan per la domenica. Segni inequivocabili che era ormai entrato sotto la pelle di quel gruppo.

Marco Crespi (www.menssanabasket.it)E poi il lavoro tecnico. Giochi semplici, spaziature, giocatori capaci di leggere i vantaggi, punire i miss-match per “stanare” quei famigerati pivottoni a cui lui aveva dovuto (o voluto) rinunciare con il budget risicato rispetto alle tradizioni degli ultimi anni, qualità esecutiva altissima e qualità dei tiri eccellente, attingendo a qualcosa della “scuola tecnica Siena” come la “posizione Stonerook” o a qualcosa di altissimo profilo tecnico (blocco “Nash” per gli esterni). E poi perle difensive, la famigerata match-up che tanto aveva aiutato lo scudetto dell’era Banchi, ed una squadra allenata a compiere continui blitz difensivi, difendere usando i cambi difensivi, leggendo tra i difetti degli attacchi avversari, uscendo da quei principi tradizionali che avrebbero costretto a subire il tonnellaggio degli avversari. Il tutto costruito (o ri-costruito) dopo la partenza di Hackett, con due mesi di mare grosso prima di trovare il sereno e con tutto ciò che stava immediatamente fuori dal 28×15 funestato quotidianamente da eventi quanto mai atipici: un’Eurolega in trasferta anche quando dovevi essere in casa, giocatori in uscita ed entrata a metà anno, le vicende economico-finanziarie e poi giudiziarie.

L'esultanza di Crespi (www.menssanabasket.it)Infine, e cosa quanto mai più gradita, l’emozione che ha condiviso con il pubblico diventando, prima che un eroe sportivo, un condottiero, un leader, portatore di quello slogan #somethingdifferent (rigorosamente in forma di hastag nell’era di Twitter) che tutti hanno sentito proprio, per vivere intensamente quelli che probabilmente saranno gli ultimi epici giorni di una gloriosa società. Se prima della meta è importante il viaggio, come dice sempre lui, lo devo ringraziare perché in questa annata la mia Moleskine ed il mio Ipad si sono riempiti di appunti ogni volta che l’ho visto allenare.

abbraccio Crespi-Magro (www.menssanabasket.it)Per me è stato bellissimo “rubare” ed alla fine, ne sono certo, la persona per la quale tutto ciò è stato #somethingdifferent è proprio lui. Un applauso anche ad Alessandro Magro, una delle poche ombre con un’anima in questo basket.