Ad Ato Toscana sud il compito di gestire la fase a valle della filiera dei rifiuti, cioè gli impianti di trattamento, recupero e smaltimento, attraverso una profonda revisione del sistema impiantistico e l’abbandono dell’organizzazione del servizio di raccolta e trasporto su area vasta per passare a una gestione su piccole aree omogenee. Sono queste le linee guida della mozione approvata dal Consiglio Comunale di Manciano (Grosseto) relative al ciclo dei rifiuti dopo l’inchiesta della Procura di Firenze sulla gara truccata per la gestione dei rifiuti nelle province di Siena, Arezzo e Grosseto.
Secco “no” a Ato unico regionale «E’ una mozione che abbiamo elaborato e condiviso con gli altri Comuni dell’area omogenea di raccolta Grosseto sud (Sorano, Pitigliano, Magliano in Toscana, Capalbio, Orbetello, Monte Argetario e Isola del Giglio) – spiega l’assessore all’Ambiente del Comune di Manciano, Antonio Camillo – e che gli stessi comuni presenteranno nei rispettivi consigli comunali. Il testo della mozione esplicita un secco no all’indicazione del presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, secondo il quale la gestione dei rifiuti deve essere condotta da un Ato unico regionale, che come effetto, secondo i firmatari della mozione, avrebbe quello di azzerare definitivamente il potere decisorio dei sindaci sull’argomento e di dare risposte univoche a territori profondamente diversi. La gestione dei rifiuti su area vasta – continua l’assessore Camillo – ha fallito. Le economie di scala non ci sono state e le tariffe sono aumentate. Bisogna dire ai cittadini che questa politica ha prodotto un costo medio per abitante in provincia di Grosseto di 280 euro, uno dei più alti in Italia, rispetto ad una media nazionale di 165 euro (fonte Ispra, annuario dei dati ambientali 2014-2015). Per questo, le indicazioni della giunta Regionale ci appaiono paradossali, un perseverare in ciò che palesemente si è rilevato un danno per i cittadini».
La mozione Le linee guida della mozione indicano in capo all’attuale Ato Toscana sud, il compito di gestire la fase a valle della filiera, cioè gli impianti di trattamento, recupero e smaltimento, attraverso una profonda revisione del sistema impiantistico, giudicato ridondante e privo di sistemi per le valorizzazioni delle raccolte differenziate. Invece, per quel che riguarda la raccolta e il trasporto, si propone l’abbandono dell’organizzazione del servizio su area vasta e il passaggio a una gestione su piccole aree omogenee, in cui la popolazione servita sia costituita al massimo da 100mila abitanti, così come indicato dal rapporto Agcom (l’autorità Garante sulla concorrenza e il mercato). Il testo della mozione ritorna anche sull’annosa questione delle quote di partecipazione in assemblea di ambito, denunciando il fatto che la ripartizione assegna un punteggio altissimo alle quantità di rifiuto che vengono trattati nei singoli comuni, conferendo di fatto la maggioranza assoluta in assemblea ai comuni sedi d’impianto, se si considera che 9 comuni su 109 partecipanti all’assemblea detengono il 68% delle quote di voto. «Tale meccanismo – si legge nella mozione – è in netto contrasto con l’allegato A dei principi fissati in materia di rifiuti dall’art. 4 direttiva CE n. 98/2008 e con l’art. 197 del D.Lgs 152/2006 e ss.mm.ii le quali prevedono una gerarchia che mette al primo posto la riduzione e la differenziazione del rifiuto e all’ultimo lo smaltimento». «I motivi dello scarso funzionamento dell’assemblea – parla ancora l’assessore – vanno ricercati in questa assurda quantificazione delle quote di partecipazione, per cui il ruolo di tutti i piccoli comuni viene ridotto a quello di semplici auditori, dato che non hanno alcun potere di voto. C’è inoltre da chiedersi come un’assemblea che deve governare il ciclo dei rifiuti e che è di fatto ostaggio di comuni sedi di impianti di trattamento, discariche e inceneritori, con tutti i vantaggi economici che ne conseguono per gli stessi comuni, possa andare a invertire la tendenza e passare ad una gestione virtuosa attraverso le raccolte domiciliari e la massimizzazione delle percentuali di rifiuti differenziati».
Revisione dei meccanismi di tariffazione Tra i punti chiave delle linee guida, la mozione sottolinea la necessità di revisione dei meccanismi di tariffazione con cui si impongono ai Comuni quantitativi minimi di conferimento agli impianti. «E’ evidente – conclude Camillo – che ci si riferisce alla convenzione del 2005 stipulata dall’allora Ato provinciale e Unieco, allora proprietaria dell’impianto di Strillaie, secondo cui i comuni della provincia sono obbligati a conferire 93.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati all’anno all’impianto, pena aggravi dei costi di smaltimento proporzionali ai rifiuti non conferiti. Un altro tassello di questa lunga storia della gestione dei rifiuti in Toscana, dove si è sempre anteposto l’interesse delle aziende private del settore a quello dei cittadini. E’ arrivato il momento di cambiare rotta e non posso pensare che ancora il presidente Rossi e la sua giunta non ne siano consapevoli». I promotori della mozione, inoltre, fanno sapere che la stessa è già stata inviata a tutti i comuni dell’Ato Toscana sud, «per raggiungere il numero necessario (1/3 dei comuni componenti l’assemblea) a proporre le linee guida all’ordine del giorno dell’assemblea stessa, con conseguente discussione e votazione delle proposte».