Non so se a voi fa lo stesso effetto. Ma a me pare di essere tornati indietro di 25 anni o giù di lì. A quei primi Novanta quando, dopo il muro di Berlino, tutto sembrò crollare. In Italia i partiti (Dc, Psi, Pri, Pli), che avevano 9788831723176accompagnato il Paese fuori dalla seconda guerra mondiale e dal fascismo, implosero sotto i colpi degli avvisi di garanzia della Magistratura. E a distanza di anni un documentato Mattia Feltri definisce il 1993 “l’anno del terrore di Mani Pulite”. «È la fine della Prima Repubblica» cantavano soloni ed esegeti del nuovo. Da quelle ceneri nacque la Seconda e l’ascesa del berlusconismo.

Oggi, a decapitare quella Repubblica a vocazione maggioritaria è stato un referendum con milioni di No che hanno fatto cadere il governo di Matteo Renzi che a molti era apparso come l’uomo della provvidenza e molte inchieste (Roma, Milano…) che sembrano avere avuto un’accelerata in questi ultimi giorni. A complicare le cose ci si è messo pure un quadro internazionale sempre più confuso e incerto (Brexit e vittoria di Trump) che hanno fatto smarrire all’Italia e all’Europa i loro punti di riferimento e sono ora alla ricerca di una qualche nuova rotta. Più o meno quello che da mesi succede a Siena che non sa più a che santo votarsi.

La città, che domenica 4 dicembre, ha votato a maggioranza Si (unica città toscana insieme a Firenze) dimostrando di non essere in sintonia con il Paese, ha sperato di tornare ad essere speciale, legando il destino del governo Renzi al possibile salvataggio di Mps. Ma così non è andata. E oggi rimane sospesa, smarrita, “bipolare”, come la definisce Roberto Barzanti in un lungo intervento su Il Corriere Fiorentino. Anche se si fatica a immaginare la luce mentre è visibile agli occhi di tutti il buio che attraversa le strade di Siena.

Per anni ha vissuto organizzata in un preciso schema sociale composto da Banca, Università, Comune, (Ospedale, come mi suggerisce qualche amico su Facebook) politica, eccetera, che oggi sembra definitivamente scomparso. A sopravvivere sono le Contrade e quel terzo settore che possono essere la vera spinta ad una ripartenza, almeno sul piano morale. Ma per il resto appare sempre più senza testa, decollata quasi come fossero passati gli antichi nemici a decapitare a spregio la testa delle torri patrizie. Da anni non c’è una figura di riferimento in Rocca Salimbeni (l’ultimo che ebbe invano questo ruolo fu Marco Turchi messo in cda dal sindaco Franco Ceccuzzi, dopo che ne era stato sindaco revisore), men che meno in palazzo Sansedoni dove il professor Marcello Clarich pare vivere con fastidio la città, ricambiato in verità. In piazza Duomo l’arcivescovo, Antonio Buoncristiani, non è mai riuscito ad entrare nei cuori dei senesi, mentre in Palazzo Pubblico il primo cittadino Bruno Valentini è vissuto oramai con distanza e freddezza dai più. Da mesi, addirittura, non c’è neppure un Prefetto, visto che da agosto scorso Renato Saccone ha lasciato il palazzo del Governo per andare a Torino. Ma nessuno pare essersene accorto (forse il Prefetto non serve?). Infine, al palazzo di Giustizia molti magistrati se ne stanno andando alla chetichella e tardano ad arrivare i sostituti che sanno di avere molti procedimenti da portare a compimento. Mentre fanno ancora discutere le conclusioni e le tante assoluzioni piovute sulle principali disgrazie cittadine (Università, in primis).

Viene da domandarsi, allora, se ci sia una qualche precisa volontà a far piombare Siena e i senesi nella depressione, magari  per meglio gestire l’eventuale, definitiva, crisi. Ma è questo il momento dello sconforto o del coraggio? Della prudenza o della lucida follia di tentare l’impossibile e far riprendere la sua strada ad una città che è figlia della strada e deve, prima o poi, rimettersi in cammino?

Chi scrive, naturalmente, propende per la seconda risposta e auspica che questa volontà e coraggio emergano in figure che possono e dovranno dare una mano per uscire da questo vicolo apparentemente cieco.

E mentre i vecchi arnesi sono definitivamente scomparsi o impegnati a difendersi nelle aule di tribunale, all’orizzonte appare poco di nuovo. Poco di comprensibile, intendo. Giusto lunedì scorso il gruppo che fa capo a Mauro Marzucchi, ha messo insieme più o meno tutte le liste civiche e sigle politiche presenti in città. C’è chi de perderci la trebisonda. Prendete fiato: Pd, Forza Italia, Fratelli d’italia, Lega, Psi, Rifondazione, Nero su Bianco, Siena futura, Progetto Siena, Società aperta-Riformisti, Moderati di centrodestra, Movimento civico senese, Cittadini per Siena, Siena Attiva, Oltre, Siena doc, Associazione Noi, Impegno per Siena, Sel, Siena Civitas, associazione Confronti. Assente il Movimento 5 Stelle, mentre altre sigle e associazioni si stanno, forse, costituendo.

In questo bailamme per adesso nessuno sembra riuscire a trovare il bandolo della matassa in previsione del 2018. Non resta allora che aspettare per vedere come andrà a finire. Ma per favore non altri 25 anni. Per capire il futuro dovrebbe essere sufficiente la lettura del passato. Ma è fondamentale agire nel presente per determinarlo.

Ah, s’io fosse fuoco